domenica 30 gennaio 2011

I rifiuti tossici non occorre mandarli in Campania

Tradizionalmente la Campania ha sempre avuto un ruolo centrale nell'economia di mercato nazionale. I lavoratori in nero campani, infatti, sono la manovalanza qualificata delle ditte edili, confezionano le borse di pelle delle migliori griffes e svuotano i containers delle navi che arrivano dalla Cina. Le discariche per i rifiuti solidi urbani e le campagne della regione, inoltre, sono sempre state degli ottimi luoghi dove sversare tutti quei rifiuti pericolosi che i laboriosi imprenditori del nord non avevano voglia di smaltire e che gli onesti cittadini del nord non ci tenevano ad avere nel proprio giardino.
Il sistema economico del paese aveva bisogno della Campania, perché è connaturata nello sviluppo industriale la nascita di quei problemi, come il costo del lavoro e la produzione di scorie di lavorazione tossiche, a cui la regione dava brillantemente risposta. Gli slogan leghisti e secessionisti, dunque, erano pura demagogia a cui non credevano nemmeno i loro autori.
Naturalmente un prezzo pesante lo doveva pagare la maggioranza dei campani, ma la diagnosi era unanime: così succede quando i cittadini non controllano più il proprio territorio, perché sono altri (le cosche e lo Stato centralizzato) a farlo al posto loro.
E' legge di mercato che in regime di libera concorrenza l'offerta tende sempre a venire incontro alla domanda e così sta avvenendo anche nel nostro caso: il Nord sta imparando a fare da solo, importando i modelli "vincenti" del Sud e ridisegnando il proprio tessuto sociale in modo da meglio integrarlo con le proprie necessità economiche. Non c'è da stupirsi, quindi, se le cosche hanno invaso la Lombardia, se i lavoratori in nero cinesi dei sottoscala sono sempre più indispensabili e se sotto le città lombarde cominciano a trovarsi enormi giacimenti di rifiuti tossici.
L'ultimo caso è scoppiato a Brescia, dove si è scoperto che chilometri di tangenziale stanno venendo costruiti sopra un letto di scorie di fonderia non trattate, un miscuglio ad altissima pericolosità ambientale. Secondo alcuni testimoni, il materiale sarebbe stato interrato quando era ancora fumante, appena uscito dalla fabbrica di produzione, segno evidente che il ciclo dello smaltimento illegale dei rifiuti si è accorciato molto, diventando - diremmo - a chilometro zero...
Resta da porsi solo una questione: se al Nord i "padroni a casa nostra" inquinano il territorio in cui vivono, la loro casa, si è davvero sicuri che la ragione dell'incuria italiana sia la distanza (anche fisica, secondo la retorica federalista) tra chi fa le scelte e il territorio?

martedì 25 gennaio 2011

La Gelmini trova un supporter: Odifreddi

Molti conoscono Piergiorgio Odifreddi, quel matematico ateo piemontese che si è imbarcato in una personale crociata contro la religione e che da anni ormai predica contro l'oscurantismo a suo parere imposto al mondo dalla Chiesa cattolica. In passato si impegnò anche politicamente militando nel Pd, che però poi abbandonò perché reo di ospitare al proprio interno politici dichiaratamente cattolici (la tanto decantata tolleranza degli atei!).
Tutti invece conoscono il ministro Gelmini, che tra un taglio all'istruzione e l'altro ha adesso istituito l'agenzia che valuterà i risultati della ricerca accademica e che di conseguenza distribuirà i pochi fondi pubblici tra i vari atenei. I suoi membri saranno due economisti, una sociologa, un genetista, un veterinario, un fisico e un ingegnere, tutti docenti di università settentrionali. Così i docenti meridionali e le facoltà umanistiche si sono inalberati lamentando una futura possibile penuriadi finanziamenti.
Più che le disparità regionali (simo abituati ormai al leghismo del governo), preoccupa il modo in cui viene trattato l'insegnamento delle discipline umanistiche, che ha già subito un taglio di ore nella riforma delle scuole superiori e che adesso rischia di essere sensibilmente compresso anche nella realtà accademica. I motivi sono facili da comprendere: un governo che dichiara che la cultura non si mangia e che lascia crollare Pompei nel disinteresse dimostra di avere tra i propri membri personaggi di bassissima levatura intellettuale. Per questi politici, utile è solo ciò che si inserisce a qualche titolo nella catena di montaggio industriale.
Esiste, però, una seconda ragione, molto più inquietante: un potere politico populista che fonda il proprio consenso sul carisma del capo e su promesse di improbabili miracoli economici non può in nessun modo permettersi che esista troppa gente con del sale in zucca. Se Paolo Rossi cita Molière e Aristofane contro Berlusconi, allora la soluzione è eliminare la letteratura. Se Popper parlava degli esiti negativi dell'informazione televisiva e Fromm della fuga dalla libertà, allora si elimina lo studio della filosofia. Se la parabola berlusconista ricorda inquietantemente altre e più tragiche parabole del passato, allora si eviti di fare ricerca storica. Per non parlare dello studio di lingue e civiltà straniere troppo esotiche (araba, persiana, indiana, ecc.): il Presidente ha detto che noi dobbiamo essere consapevoli della nostra superiorità!
Un formidabile alleato il governo lo trova, appunto, in Piergiorgio Odifreddi in veste di crociato tardo-comtista. L'ateo e membro dell'UAAR, nel proprio blog su Repubblica, parla delle proteste degli umanisti come di una difesa di casta e poi comincia un berlusconianissimo discorso sul potere della lobby umanistica nelle scuole, così forte da essere stata perfino in grado di preservare il latino nei licei scientifici (incredibile dictu!). Però, continua Odifreddi, fortunatamente gli studenti sempre di più scelgono indirizzi privi di questa lingua morta, inutile nel "mondo vivo": anche loro - conclude - hanno capito insieme al governo che queste discipline stanno per finire nel cestino dei rifiuti della storia.
Ricapitolando, Odifreddi e compagni se il Papa protesta contro certe forme di educazione sessuale a scuola gridano all'oscurantismo, mentre se il governo cancella le discipline umanistiche esultano, perché cosa buona e giusta. Anche Odifreddi adesso teme che possa continuare ad esistere gente che la pensa con la propria testa?
Non deve sorprendere l'ostilità della parte peggiore del mondo scientifico alla cultura umanistica, perché il già citato Comte, il sedicente profeta ottocentesco del mondo del futuro, aveva già dichiarato guerra a filosofia e religione, retaggi di un passato arcaico, per proclamare il regno della scienza e della tecnica. Si fa finta di ignorare che scienza e tecnica possono solo fornirci strumenti da impiegare, ma non sono in grado di darci indicazioni morali su come utilizzare le nuove scoperte: le radiazioni, per fare il classico esempio banale, possono servire per le radiografie, ma anche per distruggere Hiroshima.
Gli scienziati, però, non si rassegnano alla separazione dei ruoli: dagli USA si sta importando l'immagine del genio universale, su modello di Stephen Hawking, che fa il fisico, ma nel tempo libero fa il filosofo se non il profeta o il cartomante, magari parlando di alieni e del contatto con altre civiltà extraterrestri in un futuro prossimo. Del resto, un secolo e mezzo di propaganda iperscientista hanno spinto l'opinione pubblica a credere che sarà la scienza a darci la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto, anche se non risulta che la scienza questa domanda l'abbia ancora formulata...
Odifreddi incarna un poco questa figura dell'uomo di scienza tuttologo e ateo, sebbene lui non sia propriamente uno scienziato (è un matematico, infatti), e ora ritiene che la nuova ignoranza made in Gelmini potrà appiattire così tanto la cultura media che in futuro il popolo rozzo e ignorante si rivolgerà adorante alla scienza per chiedere consiglio, così che si formerà quella casta pseudo-sacerdotale (ancora preconizzata da Comte) dei padroni della tecnica.
E poi è la Chiesa ad essere oscurantista...

lunedì 24 gennaio 2011

La difesa del Cainano: una legge retroattiva anti-magistrati

Il caso Ruby & altre escort è scoppiato ed ha messo in grave crisi Cesare, che ora rischia di essere scaricato perfino dal Vaticano e, soprattutto, teme seriamente di seguire in carcere il suo ex amico di coalizione Cuffaro. Contro l'uragano sono già state mobilitate tutte le divisioni berlusconiane, con televisioni e giornali di famiglia lanciati all'arma bianca contro la magistratura, programmi televisivi che ospitano versioni alternative dei fatti, il Ministero della Giustizia attivato per la repressione dei magistrati ficcanaso e, non ultimi, Ghedini e gli altri consiglieri legali in campo per produrre l'ennesima legge ad personam salvacapo.
La controffensiva, però, è cominciata molte settimane fa. Il 28 ottobre scorso, infatti, in Parlamento era stato depositato un progetto di legge di riforma del Codice di Procedura Penale che, se approvato, diverrebbe lo scudo ideale per tutelare il Premier in casi come questo. Si tratta dell'introduzione di un nuovo articolo, il 315-bis, che intanto vieterebbe ai giudici di concedere intercettazioni telefoniche ai danni di bersagli fuori dal proprioterritorio di competenza e poi, per disincentivare ulteriormente questo strumento di indagine, renderebbe i pm passibili di sanzioni disciplinari e civili (fino a 100 000 euro) in caso di trasgressione. Ultima perla, la norma avrebbe anche efficacia retroattiva di cinque anni.
Chiaramente una legge come questa avrebbe effetti devastanti sull'intera macchina giudiziaria e l'impunità di Berlusconi porterebbe con sè l'ennesimo regalo alla criminalità, soprattutto quella organizzata. Passerà anche questa porcata o il fatto che l'Agenzia Dire abbia scoperto il gioco ce la risparmierà?

L'articolo dell'Agenzia Dire (www.dire.it).


Una leggina nelle mani del premier, ecco come "vanno puniti" i pm che intercettano
Il progetto di legge del Pdl, intercettato dall'Agenzia Dire, è stato depositato alla camera il 28 ottobre scorso, esattamente due giorni dopo l'esplodere del caso Ruby
 
ROMA - Ecco come il Pdl 'punira'' i pm che intercettano. Silvio Berlusconi lo aveva detto mercoledi' scorso nel video-messaggio ai promotori delle Liberta' a seguito dell'inchiesta sul caso Ruby: certi pm "vanno puniti". E il riferimento, non detto, era anche al trattamento riservato dai magistrati di Milano (Boccassini, Forno e Sangermano) alle ragazze invitate alle sue feste di Arcore e finite nel 'tritacarne' mediatico per la pubblicazione delle intercettazioni.
La carta da giocare, per via legislativa, il Pdl l'ha gia' trovata ed e' nei 'cassetti' di Montecitorio. E' stata depositata alla Camera il 28 ottobre scorso, esattamente due giorni dopo l'esplodere del caso quando si seppe che il premier aveva telefonato alla Questura di Milano per far affidare l'allora minorenne marocchina al consigliere regionale della Lombardia, Nicole Minetti.
Si tratta di un progetto di legge a prima firma del deputato Pdl, Luigi Vitali, e sottoscritta da altri 29 parlamentari suoi colleghi, tra cui Cirielli, Cassinelli, Lehner, che reca il titotolo "Introduzione dell'articolo 315-bis del codice di procedura penale, concernente la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni". La proposta e' stata consegnata direttamente nelle mani di Berlusconi -che ora la sta valutando- il giorno della riunione con i deputati-avvocati del Pdl. "L'ho consegnata io al presidente- spiega Vitali- e mi ha detto che la esaminera' con attenzione. La prossima settimana la presentero' in conferenza stampa e chiedero' di esaminarla subito in commissione Giustizia".
A leggere i 5 articoli, il progetto di legge sembra proprio pensato, anche se Vitali glissa, per il caso Ruby. E, se venisse approvato dal parlamento, metterebbe un serio freno all'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati, che potrebbero incorrere in pesanti sanzioni. I punti principali della proposta sono i seguenti: i pm e i gip non competenti territorialmente e funzionalmente non potranno piu' autorizzare intercettazioni, pena provvedimenti disciplinari stabiliti dal ministro della Giustizia. In caso di assoluzione in un processo, l'imputato, ma anche tutti i testimoni finiti nelle intercettazioni 'spiattellate' sui giornali, avranno diritto a un risarcimento di 100 mila euro, che sara' sborsato di tasca propria dai pm dopo sentenza "di responsabilita' contabile" della Corte dei conti.
LA CHICCA RETROATTIVITÀ - Ma la vera 'chicca' e' la norma transitoria che rende la legge retroattiva: avranno diritto al risarcimento anche coloro che sono stati coinvolti in indagini risalenti a 5 anni prima della sua entrata in vigore. La proposta di legge del Pdl che mette 'paletti' all'uso delle intercettazioni prevedendo un risarcimento per quelle "ingiuste", e 'punizioni' per magistrati che le hanno disposte, e' stata assegnata alla commissione Giustizia della Camera il 13 dicembre scorso e attende di essere calendarizzata. Il Pdl, a quanto si apprende, dovrebbe chiedere, in un prossimo ufficio di presidenza che venga messo all'ordine del giorno.
La proposta (all'articolo 1) introduce l'articolo 315-bis al Codice di procedura penale prevedendo "la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni". Potra' chiederla chi e' stato assolto con sentenza irrevocabile "perche' il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto o perche' il fatto non costituisce reato da un'imputazione formulata nell'ambito di un procedimento penale nel quale e' stato destinatario di intercettazioni di comunicazioni telefoniche o di conversazioni". Chi verra' prosciolto da ogni accusa, insomma, "avra' diritto a un'equa riparazione per l'intercettazione ingiustamente subita".
Ma c'e' anche un comma che sembra ritagliato apposta per le ragazze di Milano 2 in via Olgettina, quelle finite nelle intercettazioni dei pm della procura di Milano che raccontano delle feste nelle case di Berlusconi. Il risarcimento, infatti, spettera' anche a coloro che, estranei alle indagini o la cui posizione verra' archiviata, avranno visto le loro conversazioni pubblicate sui giornali. Nel testo si parla di "coloro nei cui confronti sia stato pronunziato decreto o ordinanza di archiviazione, ovvero sentenza di non luogo a procedere, nonche' in favore dei terzi, estranei alle indagini, che siano stati intercettati occasionalmente". In quest'ultimo caso, il diritto alla riparazione compete soltanto "qualora le intercettazioni siano state divulgate, in quanto il pubblico ministero non abbia disposto il loro immediato oscuramento all'atto della ricezione delle relative trascrizioni". In ogni caso, prosegue il comma, "anche a prescindere dall'oscuramento, l'avvenuta pubblicazione sulla stampa delle intercettazioni di comunicazioni telefoniche o di conversazioni deve essere valutata ai fini della quantificazione" per il risarcimento.
La domanda di riparazione del danno deve essere avanzanzata entro due anni e l'entita' non potra' "comunque eccedere la somma di euro 100 mila". Inoltre, "l'ingiusta intercettazione di conversazioni tra il difensore e il proprio assistito deve essere ulteriormente valutata ai fini dell'entita'" della cifra.
Ed ecco, all'articolo 2, la norma transitoria che permetterebbe di applicare la legge anche al caso Ruby: "Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore" potranno presentare istanza di riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche e di conversazioni coloro che, assolti, archiviati o estranei alle indagini ma finiti nelle cronache, sono stati oggetto "di ingiusta intercettazioni". Per loro il termine entro cui presentare la domanda diventa di 5 anni.
24 gennaio 2011 

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte «Agenzia Dire» e l'indirizzo «www.dire.it»

 

sabato 22 gennaio 2011

Le graduatorie di Greenpeace sui prodotti cartacei usa e getta

Grrenpeace pubblica periodicamente le classifiche dei prodotti di carta usa e getta (carta igienica, tovaglioli, ecc) in ordine di impatto ambientale. In una società come la nostra, di democrazia di mercato, in cui si consideranoper il cittadino consumatore più importanti le libertà economiche di quelle politiche, tutti dovrebbero avere, nel riempire il carrello della spesa, la stessa accortezza che hanno nel riempire la scheda elettorale.
Dunque ben vengano queste indicazioni per il consumatore, perché, se proprio si deve far girare l'economia per il bene di tutti, almeno lo si faccia col minimo impatto sull'ambiente circostante. Le classifiche sono di quattro prodotti: carta igienica, asciugatutto, fazzoletti e tovaglioli. Buona lettura e buoni acquisti.

martedì 18 gennaio 2011

La democrazia in Tunisia ha un nemico: le democrazie

In Tunisia si sparano quelli che potrebbero essere gli ultimi colpi della rivolta contro gli apparati del dittatore uscente Ben Ali. Nonostante per le strade continuino a girare gruppi armati senza regole che se la prendono con passanti malcapitati, rubano e uccidono, forse perché il paese è in un relativo caos, forse per cercare di destabilizzare la fase di transizione e facilitare una reazione antirivoluzionaria dei vicini regimi algerino e libico, nonostante tutto questo, gruppi di volontari cercano di mantenere l'ordine pubblico e l'euforia popolare per il successo dell'insurrezione continua a diffondersi.
I vecchi gerarchi avevano intrecciato una rete di rapporti con Francia e Italia che portava loro un sostegno incondizionato da parte di questi due paesi: la lotta all'immigrazione, i rifornimenti di idrocarburi e la garanzia della stabilità politica in Maghreb sembravano essere garantite dal dittatore amico. Craxi ad Hammamet aveva trovato il proprio esilio dorato, al riparo dalla giustizia italiana e sicuro sotto un governo già amico. Le paranoie europee sull'estremismo islamico erano nello stesso tempo soddisfatte dalla presenza nel paese di un'autorità forte in grado di impedire a tutti i partiti di ispirazione anche lontanamente religiosa di andare al governo democraticamente e le nostre femministe potevano indicare nelle tunisine un modello da imporre a tutto il mondo arabo. Anche durante l'ultimo atto della dittatura i governi francese e italiano sono riusciti solo a balbettare davanti alla repressione operata dalle forze di sicurezza, mentre ancora pochi mesi fa Sarkozy elogiava le riforme istituzionali di Ben Ali.
Questi rapporti politici si sono fatti sentire nel modo in cui i nostri mezzi di comunicazione hanno riportato le notizie sulla rivolta: Stefania Craxi ha autorevolmente formulato una propria lusinghiera analisi ai microfoni TG1, la stampa ha minimizzato le vittime della repressione e tutti gli avvenimenti sono stati a lungo rappresentati come una sommossa per il pane, mescolando le vicende tunisine con quelle della vicina Algeria (dove effettivamente i tumulti riguardavano gli aumenti dei generi alimentari). Pochissimo invece è stato dedicato alle ragioni della rivolta e alle rivendicazioni popolari per una maggiore democrazia, come se gli ottimi impegni gridati a gran voce negli anni passati sulla democratizzazione del mondo arabo e sull'esportazione dei diritti europei fossero stati all'improvviso dimenticati da tutti.
Così, mentre la gente lottava per la libertà, tutti in Italia plaudivano a Ben Ali che prometteva denaro al popolo e posti di lavoro ai giovani, affermando che il dittatore stava venendo a patti con il popolo, mentre in realtà stava soltanto cercando invano di comprarsi il sostegno dei più poveri con qualche regalo dell'ultima ora. La democrazia, così, veniva equiparata a qualche pagnotta distribuita nel paese che ha mandato truppe in Iraq e Afganistan per esportarla...
Intanto l'opinione pubblica tunisina, esaltata dal successo, pretende una svolta politica radicale, una nuova costituzione che riconosca le libertà volute e una legge elettorare che possa dar vita ad un parlamento veramente rappresentativo del popolo che finalmente vuole divenire sovrano. Sebbene dall'Occidente sedicentemente filodemocratico non si sia ricevuto nessun aiuto, mentre si teme che i servizi segreti del mondo arabo e dei suoi partner tra i paesi ricchi siano già in moto per far crollare il sogno nazionale, le notizie dei focolai di insurrezione in altri paesi della regione danno forza ai protagonisti della Rivoluzione dei Gelsomini.

giovedì 13 gennaio 2011

Flores d'Arcais e la difficoltà di essere democratici

Il Fatto Quotidiano è un giornale nato dichiaratamente per lottare contro la censura: ospita le firme più censurate d'Italia, pubblica notizie e reportages scomodi e fa le pulci al potere (di tutti i colori) decisamente più spesso degli altri quotidiani. Anche Paolo Flores d'Arcais è sempre stato un attivissimo opinionista sostenitore della libertà di manifestazione del pensiero, che ha anche fatto del tema uno dei cavalli di battaglia del suo periodico Micromega.
Questo articolo è uscito sul quotidiano suddetto, con firma del giornalista appena menzionato, e credo che nessun lettore minimamente informato se ne sia stupito. E' infatti un articolo molto critico nei confronti del Papa che non si concentra tanto sul contrapporre alle dichiarazioni pontificie argomenti ad esse contrari, ma condanna le affermazioni di Benedetto XVI senza appello e le definisce un tentativo di imporre la teocrazia all'intero mondo democratico. Ovvero, il pezzo è esattamente ciò che la maggior parte dei lettori di Flores d'Arcais e de Il Fatto si aspettava e voleva leggere.
Un articolo anticlericale di questo opinionista non è una notizia. Non è nemmeno una notizia che un pezzo del genere esca su questo determinato quotidiano. Degno di nota, invece, è che le colonne de Il Fatto ospitino non una risposta argomentata alle opinioni dell'avversario, ma piuttosto la pretesa che l'avversario taccia, perché il solo fatto che Benedetto XVI esprima il proprio pensiero sarebbe incompatibile con la democrazia (l'enfasi è dell'originale). Dunque non siamo davanti ad un pensiero, ma davanti alla negazione della libertà d'espressione pubblicata in bella mostra nella pagina web del giornale che della libertà d'espressione fa la propria ragione di vivere!
Assurdo, si potrebbe pensare, e infatti alcuni lettori nei commenti hanno osservato come la linea editoriale cambi radicalmente ogni volta che il giornale tratta di faccende ecclesiastiche. La maggior parte dei visitatori, invece, fa professione di piena condivisione dei contenuti e dei toni di Flores d'Arcais, segno che forse gli antiberlusconiani non si distinguono poi tanto dal nemico che dicono di voler abbattere. Diceva Gaber, non temo Berlusconi in sè, temo Berlusconi in me...
Per concludere, preciso che condivido poco le dichiarazioni del Papa riportate dal giornalista: sono tesi che Benedetto XVI ha ripetuto infinite volte nei suoi anni di pontificato e che sono destinate ad avere sulla stampa una visibilità superiore rispetto a tutto il resto che afferma. Tuttavia proprio perché non le condivido pretendo che siano rese note, in quanto solo rendendo nota una tesi è in seguito possibile aprire un dibattito su di essa e anche confutarla. L'idea che basti eliminare dalla scena pubblica delle voci per annullare quello che dicono è stata ormai confutata dalla Storia.

lunedì 10 gennaio 2011

Piccoli piromani crescono, ovvero Calderoli e la semplificazione

Calderoli torna alla carica con un'altra delle sue mirabolanti imprese, almeno così afferma il capogruppo dell'Italia dei Valori Massimo Donadi. Tutti si ricordano il leghista quando firmò il Porcellum negli ultimi scampoli della XIV legislatura e quando poi lo definì senza mezzi termini una porcata. Molti si ricorderanno anche le sue magliette blasfeme sfoderate in diretta TV che provocarono scontri di piazza e l'ennesima figuraccia internazionale dell'Italia di B. Qualcuno rammenterà infine il rogo che organizzò tempo fa, affermando di aver bruciato, abrogandole, centinaia di migliaia di leggi inutili (cifra inverosimile: non sono mai state promulgate così tante leggi nella storia nazionale!), saltando a piè pari tutti i passaggi parlamentari perchè - si sa - basta dare fuoco ad un testo stampato da internet per privarlo di valore legale...
Ora pare che Calderoli, in qualità di ministro per la semplificazione, abbia dato qualche altra sforbiciata a caso alla nostra legislazione abrogando un regio decreto del 20 luglio del '34, di cui forse non aveva compreso esattamente la funzione. Questa volta non ha operato con la diavolina, ma servendosi del decreto legislativo 212 dello scorso dicembre. Il problema è che la legge inutile eliminata era quella che istituiva e regolava il tribunale dei minorenni.
C'è chi sostiene che il disonesto, colui che danneggia gli altri per avvantaggiare se stesso, sia da preferirsi all'incapace, la persona che fa disastri per errore: il primo ha sempre dei limiti, il secondo no. Calderoli, che ha già dato prova in passato di incompetenza, rischia dunque di superare Berlusconi e Ghedini nell'arte della distruzione della macchina della giustizia italiana.
Rischia, perché il ministro afferma che siamo davanti ad un falso allarme: non avrebbe sbagliato lui a sforbiciare, ma solo la Gazzetta Ufficiale a riportare correttamente l'allegato al suo decreto, tanto che sarebbe già uscito l'altro giorno un errata corrige. Per quanto sia incredibile, ci auguriamo che sia vero.

mercoledì 5 gennaio 2011

Il nuovo grande schermo di Berlusconi e Benetton

Berlusconi e Benetton si sono messi insieme e hanno creato The Space, il nuovo colosso dei cinema italiani. The Space è controllato al 49% da Medusa (cioè Biscione) e dal 51 da 21 Investimenti, di Alessandro Benetton con associata Fininvest. L'alleanza, dunque, controlla tutte le sale della Medusa, quelle di Warner Village, quelle di Cinecity (Cagliari, Padova, Parma, Trieste, Udine e, per la mia gioia, Treviso), più altre catene locali meno importanti.
La quota di mercato su scala nazionale adesso è stimata al 21%, ma l'obiettivo pare essere il 25, ovvero un quarto di tutti i biglietti venduti. Notizia che potrebbe lasciare indifferenti, se non fosse che questo operatore non è una semplice società di gestione delle sale cinematografiche, ma, con Medusa Film e Medusa Distribution, controlla anche la produzione e la distribuzione di molti tra i principali film italiani e stranieri.
Il rischio dunque è che questo trust che si sta venendo a formare comprima il mercato della pellicola, soprattutto sul versante dei film d'autore, prodotti da mayor indipendenti e fuori dal giro dei grandi cinema. Le grandi produzioni, quelle con lo sponsor giusto, avranno una corsia preferenziale (ancora più vistosa di quella già esistente) al cinema, mentre tutte le altre dovranno accontentarsi delle briciole delle programmazioni. I film minori, tra i quali quasi tutti i film impegnati socialmente o politicamente, potrebbero dunque venire relegati ai cinema d'essai e, di conseguenza, le case più coraggiose potrebbero essere costrette a chiudere i battenti.
In più, il fatto che uno stesso soggetto controlli direttamente o indirettamente televisione, distribuzione cinematografico e produzione non può che essere un rischio per lo stato della libertà d'espressione nel nostro paese: per comunicare servono mezzi e cosa accade se tutti i mezzi appartengono ad un solo soggetto, per di più leader politico? Conflitto d'interessi che, proprio mentre la sinistra nega che ne si debba parlare, diventa di giorno in giorno più macroscopico.
I vari garanti del mercato e della concorrenza (le cosiddette autorità indipendenti, di nomina politica) non sembra che abbiano nulla da obiettare e la concentrazione si fa sempre più compatta, sempre più trasversale nei differenti campi. Con Raicinema, 01 (sempre Rai), Mediaset e Medusa in uniche mani smebra ripetersi sul grande schermo quello che è gia successo sul piccolo.

lunedì 3 gennaio 2011

Napolitano alla Tv tedesca

Servizio del 2004 della televisione tedesca (sottotitolato): il tema erano i rimborsi per le spese di viaggio per gli europarlamentari e Napolitano, allora a Strasburgo, viene interrogato su del denaro (pubblico perché della UE) preso.