Su Milano Berlusconi si sta giocando tutto: perdere la principale città del Nord, la sua roccaforte, quella che lui chiama la capitale morale d'Italia, apparirebbe a lui e a molti pidiellini come l'inizio della fine. Anche se c'è già stato l'esempio di Filippo Penati che vinse la provincia al ballottaggio (per non essere poi riconfermato cinque anni dopo) contro uno solo dei due tronconi in cui si era spaccato il centrodestra, un trionfo di Pisapia contro la Moratti con dietro Berlusconi e tutta la coalizione di governo unita sarebbe un dato decisamente più preoccupante.
La campagna elettorale di Pdl e Lega è stata magniloquente, con milioni di euro investiti e la mobilitazione di tutti i leader nazionali, Silvio "Cesare" Berlusconi in persona. Non bastando i mezzi ordinari, si è anche fatto ricorso alla calunnia contro il candidato rivale, accusato di essere un fiancheggiatore dei terroristi e un pregiudicato: prima la Moratti lo ha diffamato a fine faccia-a-faccia su Sky, quando ormai lui non si sarebbe potuto difendere replicando, poi Daniela Santanché ha sventolato ad Annozero una fotografia ritagliata da un giornale, delirando su una improbabile bandiera di Hamas sventolata durante un comizio di Pisapia. Occorreva, del resto, far dimenticare all'opinione pubblica la storia della casa del figlio della Moratti (anche detta Batcaverna) e distogliere l'attenzione da altri e più attuali scoop riguardanti la casa di famiglia.
Dopo il primo turno terminato con sette punti di svantaggio, è scattato l'allarme rosso e l'Italia ha dovuto volgere la propria attenzione su una consultazione amministrativa locale. Gli house organ si sono mobilitati (ieri Il Giornale di Sallusti titolava brigate Pisapia), Minzolini ha concesso a Berlusconi un lungo monologo per il quale (miracolo!) è stato perfino richiamato dai vertici Rai, sono state fatte promesse folli e irrealizzabili, come inattuabili tagli di tasse e sanatorie generali per le multe (alla faccia di chi dice che destra significherebbe ordine pubblico e fermezza), e la stessa politica nazionale si è aggrovigliata nel dibattito sull'opportunità o meno di spostare un paio di ministeri da Roma a Milano, scatenando l'ira di Alemanno.
Parallelamente, si è cercato di seminare il panico tra gli elettori, fomentando la paura per gli zingari, i musulmani e i gay (mancano solo gli ebrei e sembrerebbe propaganda nazista...), proponendo la Moratti come l'ultimo baluardo della gloriosa civiltà italico-padana, del benessere lombardo e del grande affare (per le cosche?) l'Expo.
Si è mobilitato anche un certo mondo (a)cattolico, soprattutto quello legato a CL. Pisapia è definito, metaforicamente parlando, un Anticristo, Sallusti se la prende con il cardinale Tettamanzi che non avrebbe fatto abbastanza in difesa della famiglia, della vita e contro i gay e l'ateismo, insomma, che non si sarebbe trasformato nel promotore dell'elezione di Letizia Moratti. Insomma, Cristo e il dio Po devono poter sfilare insieme tra la Madonnina e il matriomonio di Calderoli con druidi, Odino e altre bambinate.
Tra due settimane vedremo se questo coacervo di frottole e colpi bassi darà i risultati sperati, salvando il sidnaco uscente di Milano, l'asse Pdl-Lega e il governo nazionale.
Forse non tutti si sono accorti delle aperture di Benedetto verso i gay (ha ribadito che sono persone, e come tali vanno rispettate, guarda un po'!). Immagino poi che se il detto cardinale fosse intervenuto, avrebbe ricevuto critiche per l'opposto motivo, ovvero per essersi immischiato...
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