Molti conoscono Piergiorgio Odifreddi, quel matematico ateo piemontese che si è imbarcato in una personale crociata contro la religione e che da anni ormai predica contro l'oscurantismo a suo parere imposto al mondo dalla Chiesa cattolica. In passato si impegnò anche politicamente militando nel Pd, che però poi abbandonò perché reo di ospitare al proprio interno politici dichiaratamente cattolici (la tanto decantata tolleranza degli atei!).
Tutti invece conoscono il ministro Gelmini, che tra un taglio all'istruzione e l'altro ha adesso istituito l'agenzia che valuterà i risultati della ricerca accademica e che di conseguenza distribuirà i pochi fondi pubblici tra i vari atenei. I suoi membri saranno due economisti, una sociologa, un genetista, un veterinario, un fisico e un ingegnere, tutti docenti di università settentrionali. Così i docenti meridionali e le facoltà umanistiche si sono inalberati lamentando una futura possibile penuriadi finanziamenti.
Più che le disparità regionali (simo abituati ormai al leghismo del governo), preoccupa il modo in cui viene trattato l'insegnamento delle discipline umanistiche, che ha già subito un taglio di ore nella riforma delle scuole superiori e che adesso rischia di essere sensibilmente compresso anche nella realtà accademica. I motivi sono facili da comprendere: un governo che dichiara che la cultura non si mangia e che lascia crollare Pompei nel disinteresse dimostra di avere tra i propri membri personaggi di bassissima levatura intellettuale. Per questi politici, utile è solo ciò che si inserisce a qualche titolo nella catena di montaggio industriale.
Esiste, però, una seconda ragione, molto più inquietante: un potere politico populista che fonda il proprio consenso sul carisma del capo e su promesse di improbabili miracoli economici non può in nessun modo permettersi che esista troppa gente con del sale in zucca. Se Paolo Rossi cita Molière e Aristofane contro Berlusconi, allora la soluzione è eliminare la letteratura. Se Popper parlava degli esiti negativi dell'informazione televisiva e Fromm della fuga dalla libertà, allora si elimina lo studio della filosofia. Se la parabola berlusconista ricorda inquietantemente altre e più tragiche parabole del passato, allora si eviti di fare ricerca storica. Per non parlare dello studio di lingue e civiltà straniere troppo esotiche (araba, persiana, indiana, ecc.): il Presidente ha detto che noi dobbiamo essere consapevoli della nostra superiorità!
Un formidabile alleato il governo lo trova, appunto, in Piergiorgio Odifreddi in veste di crociato tardo-comtista. L'ateo e membro dell'UAAR, nel proprio blog su Repubblica, parla delle proteste degli umanisti come di una difesa di casta e poi comincia un berlusconianissimo discorso sul potere della lobby umanistica nelle scuole, così forte da essere stata perfino in grado di preservare il latino nei licei scientifici (incredibile dictu!). Però, continua Odifreddi, fortunatamente gli studenti sempre di più scelgono indirizzi privi di questa lingua morta, inutile nel "mondo vivo": anche loro - conclude - hanno capito insieme al governo che queste discipline stanno per finire nel cestino dei rifiuti della storia.
Ricapitolando, Odifreddi e compagni se il Papa protesta contro certe forme di educazione sessuale a scuola gridano all'oscurantismo, mentre se il governo cancella le discipline umanistiche esultano, perché cosa buona e giusta. Anche Odifreddi adesso teme che possa continuare ad esistere gente che la pensa con la propria testa?
Non deve sorprendere l'ostilità della parte peggiore del mondo scientifico alla cultura umanistica, perché il già citato Comte, il sedicente profeta ottocentesco del mondo del futuro, aveva già dichiarato guerra a filosofia e religione, retaggi di un passato arcaico, per proclamare il regno della scienza e della tecnica. Si fa finta di ignorare che scienza e tecnica possono solo fornirci strumenti da impiegare, ma non sono in grado di darci indicazioni morali su come utilizzare le nuove scoperte: le radiazioni, per fare il classico esempio banale, possono servire per le radiografie, ma anche per distruggere Hiroshima.
Gli scienziati, però, non si rassegnano alla separazione dei ruoli: dagli USA si sta importando l'immagine del genio universale, su modello di Stephen Hawking, che fa il fisico, ma nel tempo libero fa il filosofo se non il profeta o il cartomante, magari parlando di alieni e del contatto con altre civiltà extraterrestri in un futuro prossimo. Del resto, un secolo e mezzo di propaganda iperscientista hanno spinto l'opinione pubblica a credere che sarà la scienza a darci la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto, anche se non risulta che la scienza questa domanda l'abbia ancora formulata...
Odifreddi incarna un poco questa figura dell'uomo di scienza tuttologo e ateo, sebbene lui non sia propriamente uno scienziato (è un matematico, infatti), e ora ritiene che la nuova ignoranza made in Gelmini potrà appiattire così tanto la cultura media che in futuro il popolo rozzo e ignorante si rivolgerà adorante alla scienza per chiedere consiglio, così che si formerà quella casta pseudo-sacerdotale (ancora preconizzata da Comte) dei padroni della tecnica.
E poi è la Chiesa ad essere oscurantista...
La cosa paradossale (e triste) di tutto questo è che la crisi del sapere umanistico vuol dire anche crisi della scienza. Far credere che se vuoi fare lo scienziato, devi per forza essere un antagonista dell'umanesimo e disprezzare la letteratura come inutili "storie inventate" (definizione di Odifreddi) non aiuta di certo ad affollare le aule dei corsi di laurea scientifici.
RispondiEliminaE poi la scienza è nata come filosofia naturale e si basa sulla filosofia. La sua stessa esistenza si basa su un presupposto filosofico che la giustifica. Ogni ricerca si basa sul presupposto indimostrato che l'oggetto in questione sia degno di essere conosciuto. A questo punto direbbe Odifreddi che invece l'utilità della scienza è auto-evidente perchè con la tecnica aiuta l'umanità. Ed è proprio questa identificazione con la tecnica uno dei problemi di oggi. Perchè la vera scienza invece è ricerca tout court, per il puro amore di sapere. E questo si ripercuote anche al livello pratico, ormai i finanziamenti vengono concessi solo per le ricerche che promettono applicazioni tecniche immediate. Quando invece le grandi invenzioni sono venute da tutte da ricerche pure e senza pretese. Questo antagonismo artificiale fra umanesimo e scienza è un danno per entrambe: Odifreddi non lo sa, ma lui e i suoi amici sono fra i peggiori nemici che la scienza abbia mai avuto.
E' proprio questo che non si ammette, che anche la scienza abbia un presupposto filosofico: ammettere questa proposizione significherebbe negare la sua assolutezza e quindi relativizzarla, ammettere l'esistenza anche di qualcosa che va oltre la scienza sperimentale e da cui la scienza dipende.
RispondiEliminaIl sistema di Comte, che poi assomiglia molto a quello di Orwell (non a caso il regime orwelliano preserva la scienza-tecnica, mentre mette al bando filosofia, religione e cerca di riscrivere storia e letteratura), ha bisogno di una scala di verità in cima alla quale c'è la scienza e poi solo sotto di essa tutte le altre discipline. Così facendo, però, nega il relativismo che pure gli atei dicono di professare.