Presto perderò te, insieme a tutto il resto. Dialogo tra Pascal e la sua ragione

Personaggi: la Ragione, Blaise Pascal
Ambientazione: 1662, abbazia di Port-Royal de Champs, letto di morte del filosofo


RAGIONE: Pensavi di aver finito con me, Blaise? Che davvero la razionalità fosse ormai cosa passata e che dopo avermi usata, sperimentata, vissuta e infine accantonata come se nulla fosse avresti potuto vivere finalmente libero da tutti i miei vincoli e da tutti i miei problemi?
PASCAL: Chi sei tu? Perché disturbi un uomo che è ormai ad un passo dal raggiungere la destinazione del proprio lungo viaggio? Mi resterà a stento qualche ora di vita, a questo punto, e questo mi fa praticamente estraneo alle cose del mondo.
RAGIONE: Molto meno, Blaise, ti resta molto meno. Ma perché mi hai fatto questo? Eri il più grande di tutti, e lo sapevi. Difficilmente ci sarà qualcuno che ti potrà eguagliare in tutta la Francia e anche fuori di essa. Hai rivaleggiato con gli Antichi, i dotti gesuiti, Cartesio, gli italiani e gli inglesi. Ma tu, in risposta, mi hai abbandonata e hai gettato al vento tutte le tue enormi capacità. Ma per cosa?
PASCAL: Dovresti saperlo, non l’ho mai nascosto. E, se sei chi immagino tu sia, allora dovresti saperlo meglio di chiunque altro.
RAGIONE: Tu hai gettato al vento te stesso, però, solo per gridare al mondo i miei limiti, le mie inadeguatezze. Tu saresti potuto essere il più grande uomo di scienza della tua generazione e non solo, se mi avessi seguito. Ora, però, sei finito a Port-Royal, in questa abbazia di giansenisti esaltati che gridano al mio bando e vivono senza mai avermi conosciuta. Nei tuoi scritti hai perfino dichiarato di volermi affossare quando mi fossi esaltata e di volermi esaltare quando mi fossi affossata.
PASCAL: L’uomo… l’uomo lo esalto quando si affossa e lo affosso quando si esalta.
RAGIONE: E c’è qualche differenza? Tu mi hai esaltata quando ti servivo e mi hai usata per contraddire me stessa, poi mi hai studiata come si farebbe con uno scherzo della natura, mi hai domata e mi hai imbavagliata. Tutto ciò per salvare quel che rifiuta di sottoporsi a me ed al mio giudizio.
PASCAL: Io ho sottoposto al tuo vaglio qualsiasi cosa si professasse razionale: la scienza, la filosofia, la religione e perfino te stessa, senza escludere nulla.
RAGIONE: Soprattutto me stessa. Mi hai fatto aprire un tribunale contro tutto ciò che si sia mai sforzato di essere mio discepolo fedele, mentre hai risparmiato dal suo giudizio tutto ciò che mi ha sempre negato a priori. Il delitto, per te, era il cercare di essere razionali.
PASCAL: Il tuo vero discepolo è chi ti usa come strumento, non chi ti usa come bandiera per i propri scopi. Io ho usato te quando tu richiedevi di essere usata, con chi si professava adatto al tuo metro. Come avrei potuto impiegarti per ciò che non solo non si ritiene razionale, ma ti rifiuta persino a priori? Per quelle cose, sei inutile.
RAGIONE: E infatti l’hai tutto completamente tralasciato dall’indagine: sentimento, anima, fede in Dio. Su tutto ciò il mio parere non ti è interessato.
PASCAL: Non sul sentimento e nemmeno su Dio. Sulla fede quello che mi serviva per chiarirla, per aiutare gli uomini a scegliere la loro via verso Dio.
RAGIONE: E casualmente la strada giusta si è rivelata essere la tua fede cristiana, o no? Blaise, sicuro di aver chiesto sul serio il mio consiglio? Forse è più veritiero dire che tu abbia chiesto semplicemente a me di produrti qualche argomento a te favorevole.
PASCAL: Mi accusi di averti trasformato da giudice ad avvocato, ma almeno ciò significa che riconosci che quegli argomenti che hai presentato sono davvero tuoi.
RAGIONE: Qualcuno, ma né certo né univoco. Ma la certezza, del resto, non me l’avevi proprio chiesta. E poi, quale fede cristiana vorresti difendere? Quella cattolica dei gesuiti o quella cattolica dei giansenisti? Immagino che non ti sfugga affatto che il resto di quella che credi la tua Chiesa sia più vicino ai gesuiti che a voi.
PASCAL: Io ho ascoltato te ed ho chiesto il tuo giudizio per il momento della scelta, ma dopo di allora non mi saresti più servita. Allora mi desti ragione, ora ti sei rimangiata la tua parola?
RAGIONE: sebbene tu hai dimostrato che a volte la ragione sbaglia, i nostri ragionamenti, allora, furono corretti.
PASCAL: E allora perché sei qui adesso? Sei venuta solo per istillare dubbi? Oppure sei tornata a proporti come Ragione, come strumento?
RAGIONE: Io non vengo mai con secondi fini, io vengo sempre a fare il mio dovere, a svolgere il compito che tu stesso mi hai sempre riconosciuto, almeno in passato. Ora sono qui per porti una domanda a cui dovrai rispondere, Blaise. Per troppo tempo mi hai ignorata tra queste mura, qui, a Port-Royal, dove a volte perfino il mio nome fa storcere la bocca. Hai cercato di dimenticarmi, bandendomi, ma adesso io ti pongo davanti a questo quesito, ricordandoti di essere al cospetto solo mio e della morte che incombe su di te: sei così convinto di aver puntato correttamente nella tua scommessa scegliendo di escludermi dal giudizio su Dio? Sei certo di essere stato un bravo scommettitore?
PASCAL: La certezza non ammette scommesse. E’ proprio della scelta di fede il dubbio, l’incertezza.
RAGIONE: La tua è stata infatti una scelta di fede. Ma è stata conveniente rispetto alla scelta di ragione che ti sarebbe stata permessa?
PASCAL: Sei giunta in ritardo, ormai, troppo in ritardo. Se anche avessi scelto di seguire te e non la fede, se anche avessi fatto la scommessa opposta sull’inesistenza di Dio, quella che abbiamo convenuto essere svantaggiosa, pensi che ora tu non saresti stato qui ad interrogarmi sulla correttezza di quella scelta? Tu ormai non hai mezzi per convincermi, perché ormai sono solo davanti alla morte, il limite oltre il quale non ti è concesso andare. La tua scommessa è persa, Ragione, e tu sei più impotente di me davanti alla morte.
RAGIONE: Se non posso andare oltre la morte, però, prima di essa devo spronarti alla massima ricerca: prima della morte c’è stata la tua vita ed è quella che io ora ti chiedo di giudicare con la mia lente. Credi di aver fatto la scelta giusta? Di aver rinunciato a me, tra le altre cose, per guadagnare qualcosa di più degno?
PASCAL: Ho rinunciato al finito per l’infinito, e tanto basta.
RAGIONE: Hai rinunciato a ben più di quanto gli altri uomini avrebbero potuto sognare: un tesoro di gloria, fama, agi e prestigio. E questo in cambio di un’improbabile vita eterna. Hai barattato il certo per l’incerto.
PASCAL: Per l’incerto infinitamente maggiore, però. Io ho scelto e, se anche tu volessi convincermi che ho compiuto la scelta sbagliata non saresti in grado di farlo: ormai sei in ritardi, ti ho detto, e la scelta l’abbiamo già vagliata insieme in modo approfondito molti anni fa. Ho ripercorso i nostri ragionamenti per accertarmi della loro correttezza e ho fatto la mia scelta. E ora la devo solo verificare vivendola fino in fondo, perché qualsiasi ripensamento sarebbe inutile.
RAGIONE: Forse inutile. Ma io non ricerco l’utilità, ma la verità. L’utilità la troviamo anche nel divertimento, nel rifiuto del pensiero, nel vivere da bruti. Io Ragione, invece, voglio cancellare l’idea che solo l’utile ed il vile contino al mondo: è stato proprio con te che ho compiuto quest’opera, cercando la verità senza asservimento, per il solo spirito di ricerca. A che servirebbe una verità asservita? Sarebbe solo una forma erudita di divertimento, un modo per bendarsi gli occhi e stordirsi con le proprie parole e le proprie conoscenze per sfuggire alla noia. Oppure sarebbe solo un mezzo per ricercare le cose più vili di questa terra, cioè che tu hai rifiutato in toto senza alcun rimpianto. Ma se tu ora neghi il valore della nostra ricerca e ti abbandoni alla speranza, tu ti macchi delle stesse colpe che hai rimproverato a coloro che senza criterio accolgono tutto ciò che sentono senza alcun vaglio.
PASCAL: No, Ragione, noi il fine ce l’avevamo e sempre lo abbiamo avuto. Il fine della mia ricerca con te non era la tua verità, ma il vantaggio dell’uomo, la sua liberazione dalla prigionia che lo costringe. Tu sei sempre stata il mio strumento, non il mio scopo.
RAGIONE: Allora immagino che tu non senta il bisogno di impiegarmi un’ultima volta per verificare le tue scelte una volta per tutte, consapevole che ormai i giochi sono conclusi.
PASCAL: No.
RAGIONE: Suppongo per paura, per paura che il mio giudizio immortale – e, se non immortale, almeno longevo quanto l’umanità – possa scalfire la tua certezza e farti piombare nello sconforto. Tu hai bisogno di distogliere la tua mente dal pensiero della morte, mentre io continuerò ad insistere e ad osservare la realtà.
PASCAL: Non sono averroista e lo sai, non credo, perciò, che tu mi sopravvivrai. La tua esistenza è legata alla mia e tu sarai costretta a spirare insieme a me, perdendo i tuoi occhi, le tue orecchie e la tua bocca.
RAGIONE: No, non sei averroista, è vero. Quindi, secondo te, dovrei tacere perché sono destinata ad andarmene come te, perché presto non sarò più?
PASCAL: Il tuo destino è legato al mio e, se io avrò vita dopo la morte, tu sarai con me a costatarlo. Ma se al contrario io cesserò di essere una volta per sempre tra qualche minuto, tu non avrai nemmeno modo di rendertene conto. Hai scelto di attaccare nel momento che credevi di maggiore debolezza per me, ma che hai scoperto coincidere con quello di massima impotenza per te.
RAGIONE: Mi chiedi forse di rinnegare me stessa ed affidare la mia sorte alle tue speranze?
PASCAL: So che non lo farai mai, ma proprio questo è il tuo limite. Ormai, Ragione, non mi servi più e la mia voce stanca chiede solo di potersi affidare a Dio, poiché non tutte le ragioni sono in tuo possesso. Presto perderò te, insieme a tutto il resto, perciò puoi anche lasciarmi, adesso.