martedì 17 maggio 2011

Di Strauss-Khan e della svolta a destra della sinistra

Le cronache di questi giorni hanno portato alla ribalta Dominique Strauss-Khan, il direttore del Fondo Monetario Internazionale, per una faccenda giudiziaria penosa che gli è costata la corsa alle presidenziali francesi. Colpevole o innocente che sia l'uomo, non sono i reati ciò che deve interessare del personaggio, ma il suo ruolo nella politica della democrazia transalpina.
Se non fosse successo nulla, se non fosse scoppiato lo scandalo e la sua corsa all'Eliseo fosse andata avanti, probabilmente nessuno avrebbe avuto nulla da ridire sulla scelta di una candidatura come quella. L'attenzione mediatica, però, ci offre lo spunto per porre una questione che non riguarda solo la Francia, ma tutta l'Europa, in special modo quella che si definisce di sinistra: che c'entra il capo dell'organizzazione che più di tutte, nel bene e nel male, rappresenta l'egemonia economico-culturale del capitalismo americano con la tradizione socialista e socialdemocratica?
L'Europa, si dice spesso, sta svoltando a destra: immigrazione, crisi economica e incertezze per il futuro stanno un po' ovunque provocando la chiusura delle varie società nazionali. Nella maggior parte dei casi questo si traduce nella vittoria delle destre nelle tornate elettorali e a volte perfino in modifiche ultanazionaliste delle costituzioni (come nel caso ungherese). Davanti a tutto ciò, la sinistra è in piena crisi di identità, dove per sclerotizzazione su vecchi improponibili modelli, dove per autoimmolazione a vantaggio di valori che una volta si dicevano di destra, ma che oggi la destra stessa sembra aver abbandonato nella sua svolta nazional-identitaria.
Dunque, mentre la destra liberale diventa destra identitaria, la sinistra riformista muta prendendone il posto. Esempi nostrani potrebbero essere la scelta dell'imprenditore Calearo come capolista nel Nordest alle ultime politiche e le voci a sostegno della scelta dell'ex amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, come nuovo leader del Pd; con tutto questo, mentre la Lega diventa il partito degli operai, il centrosinistra tende a trasformarsi nel referente naturale dei manager, con un distaccamento ancora maggiore dalla sua base elettorale naturale.
Le nuove destre stanno esercitando una manovra a tenaglia perfetta, accaparrandosi il voto popolare grazie alla demagogia spicciola della xenofobia e dei valori tradizionali e mantenendo intatta la propria riserva elettorale naturale (la parte più gretta dei ceti abbienti) con la garanzia del mantenimento dello status quo sociale. Le sinistre, dunque, o perseguono sulla linea tradizionale, perdendo sostegno a causa dell'impossibilità di seguire le destre sulla strada del populismo, oppure, come nel caso francese, cercano di spostare il proprio baricentro a destra per catturare il cosiddetto voto moderato, cioè quella parte dell'elettorato già avverso che è messo sempre più a disagio dalla deriva dei propri partiti di riferimento. Il risultato del processo potrebbe essere la nascita di un bipolarismo di tipo americano, con due partiti quasi equivalenti per ideologia (salvo per la presenza, in quello più a destra, di un'ala estremamente demagogica e intollerante) e un sistema di alternanza dovuto non al mutare dei pareri degli elettori, ma alla delusione o al trascinamento di un leader carismatico.
Ora, all'atto pratico, non resta che capire se i socialisti francesi sostituiranno il loro ormai improponibile candidato di destra con uno della stessa linea o se, perso il papa straniero e date per perse le elezioni, decideranno di risparmiare a tutta l'opinione pubblica di sinistra un altro strazio simile.

Nessun commento:

Posta un commento