venerdì 4 marzo 2011

Abdullah di Arabia, le rivolte, le donne arabe e l'Occidente

Leggo su Repubblica che il monarca assoluto dell'Arabia Saudita, Abdullah, ha annunciato di voler concedere il diritto d'elettorato attivo (ovvero il diritto di voto) alle donne, come segno di inizio di un processo di democratizzazione del regno. Per rispetto nei confronti della tradizione, invece, non concederà loro l'elettorato passivo (ovvero il diritto di essere elette).
La ragione dell'annuncio, a quanto pare, è la proclamazione per l'undici marzo di una grande manifestazione di piazza contro l'assolutismo e per le libertà civili e politiche, avvenimento che in prospettiva, dopo le rovinose cadute di Ben Ali e di Mubarak e con la rivoluzione libica in corso, ha messo in grande agitazione la corte saudita. Il voto alle donne, per questa ragione, fa parte di un pacchetto (giudicato insufficiente dalle opposizioni) costituito da concessioni, stanziamenti economici e altre promesse.
Assistiamo ad una di quelle mosse che piacciono molto ai liberali occidentali, a cui la monarchia assoluta araba aveva già ammiccato nel 2005 con l'indizione delle prime elezioni amministrative della storia del paese. Adesso, con la (quasi) parità dei sessi in molti si convinceranno delle buone intenzioni del sovrano. Ma davvero il voto femminile alle amministrative è considerato una priorità dai sudditi di un regno privo persino di un parlamento? O la ragione dell'annuncio va cercata più nella politica estera che in quella interna?
I mass media ci commossero tutti nel 2001, quando i soldati occidentali bombardavano l'Afganistan, mettendo in fuga il nemico islamista e liberando le donne dalla schiavitù loro imposta. Ugualmente le femministe di casa nostra sono sempre state molto sensibili alla causa delle immigrate velate (il velo, per loro, non si porta mai per convinzione culturale, ma sempre per imposizione esterna), così che non hanno mai manifestato ostilità verso progetti di legge che vietassero d'imperio l'uso dei copricapi islamici.
Cosa c'è, quindi, di più esaltante per gli occidentali di un monarca assoluto che, dall'alto della propria saggezza, concede il voto alle donne rischiando di inimicarsi tutti i fondamentalisti islamici?
Perfino Mubarak e Ben Ali si sono attirati, prima di cadere, qualche nostra simpatia per il modo in cui avrebbero promosso i diritti delle donne nei propri regimi: lo avevano fatto con la forza e contro il popolo, ma lo avevano fatto, sconfiggendo gli estremisti islamici, l'oscuro Nemico che minaccia la nostra società libera. Adesso che in Arabia rovesciano il despota illuminato che ha concesso il voto femminile, cosa ne sarà delle povere donne lasciate in balia di spietati beduini musulmani? La conclusione del ragionamento sarà che re Abdullah deve rimanere in piedi per proteggerle.
L'Arabia Saudita non è un paese qualsiasi, ma da un lato è uno dei massimi alleati americani in Medio Oriente, dall'altro un leader nella produzione mondiale di petrolio: uno stato troppo importante perché si possa permettere che cada nel caos rivoluzionario. La monarchia assoluta, quindi, deve avere le carte in regola per resistere e la simpatia occidentale per i liberatori delle donne tornerebbe molto utile per questo fine.

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