martedì 22 marzo 2011

Politica (schizofrenica) estera

Un manifesto di Gheddafi a Tripoli
La fotografia qui sopra era stata scattata a Tripoli qualche tempo fa ed è un monumento al doppiogiochismo dell'Italia di Berlusconi che, dopo aver firmato un trattato di amicizia con la Libia in cui si prometteva, in caso di conflitto, di non le basi per un eventuale attacco contro il paese africano, adesso non solo ha tradito quella clausola, ma ha perfino partecipato (anche se non dichiaratamente) alle operazioni belliche.
Il paese è pericolosamente in bilico. All'inizio della rivolta Berlusconi aveva liquidato con una battuta pietosa chi gli aveva chiesto di intervenire nella crisi (magari sfruttando il suo rapporto stretto con il dittatore): Non ho sentito Gheddafi sarà troppo occupato. Poi il Re ha cominciato a tentennare mentre la rivolta avanzava e il regime amico sembrava sul punto di crollare, così che subito si è affrettato di allacciare rapporti diplomatici con il governo provvisorio di Bengasi, pur mantenendo quelli con Tripoli.
Alla fine, dopo l'attacco, sono cominciate le comiche. La Russa, in un delirio militarista, ha cominciato a ciarlare di aerei pronti a partire per la Libia con scopi non meglio identificati, perché - a suo dire - sarebbe indispensabile partecipare. In seguito, quando gli aerei sono andati e tornati, il governo ha giurato e spergiurato che fossero semplici voli di ricognizione, venendo impietosamente smentito da fonti militari che invece parlano di guerra guerreggiata. Adesso Berlusconi si dice addolorato per Gheddafi, affermando che ciò che accade in Libia lo colpisce personalmente.
Una chiave di lettura di questa apparente follia forse la dà Frattini che chiede un posto a tavola per l'Italia nel dopo-Gheddafi, un modo come un altro per dire che non si vogliono perdere tutti i privilegi che si avevano col dittatore in carica (che erano molti, per via dell'amicizia italo-libica). Un modo come un altro per cercare di essere sempre dalla parte giusta...

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