martedì 29 novembre 2011

Che sia detto pazzo, per salvare la pazzia di tutti gli altri

Alla fine, per il principio del terzo escluso, sta succedendo quello che era prevedibile. Breivik o sarebbe stato condannato per i suoi crimini, oppure sarebbe stato dichiarato pazzo (cioè incapace), o l'una o l'altra cosa, e dopo le perizie psichiatriche tutto fa pensare che si sceglierà la seconda opzione.
E' più semplice, perché lava la coscienza collettiva dell'Occidente, perché separa la figura del mostro da noi (anche Hitler lo vorremmo pazzo) ripristinando quella linea invisibile che separa il noi dall'altro, includendo nella prima categoria ciò che accettiamo e relegando nella seconda i nostri fantasmi più oscuri, ciò che è inaccettabile. Il pazzo è l'altro per eccellenza, colui che non è inquadrabile nelle categorie logiche perché rifiuta le nostre regole razionali, perché il suo modo di combinare le premesse o perfino le sue stesse premesse del suo pensiero ci sono estranei.
Ma con Breivik siamo davvero davanti all'altro, cioè al pazzo? In cosa divergevano i suoi sproloqui islamofobi dalle tiratissime ed osannatissime opere di Oriana Fallaci ultimo stile, che denunciava l'invasione musulmana e la complicità della sinistra multiculturalista e che ad un certo punto si vantava perfino di essere venuta alle mani con un immigrato a Firenze? In cosa si differenzia Breivik da chi bombarda dall'alto dei cieli un ignaro quartiere residenziale mediorientale i cui abitanti hanno la colpa di essere concittadini dei nemici dell'Occidente?
Quindi di Breivik non percepiamo estranee le premesse (cioè l'islamofobia, l'antimulticulturalismo, il pensiero che a volte sia necessaria la violenza più cieca per eliminare i nostri nemici), ma le logiche conclusioni a cui il terrorista è arrivato a partire da quelle premesse: si può magnificare chi inneggia all'eccidio dei nemici dell'Occidente, ma se all'improvviso qualcuno agisce di conseguenza, facendo ciò che era stato invocato da chi poco prima era stato applaudito da folle esaltate, allora diventa pazzo.
Pazzo perché così non ci tocca il fastidioso sforzo di ripensare le nostre premesse concettuali, pazzo perché non può che essere diverso da noi chi la pensa come noi, eppure agisce in un modo che istintivamente ci ripugna. Può essere come noi chi condivide le nostre idee, cioè che l'Islam è un nemico che ci ha dichiarato guerra e che le sinistre gli stanno aprendo le porte, ma arriva a comportarsi di conseguenza, cioè a prendere le armi e combattere? Occorre che un singolo espii le colpe della collettività da assolvere e il terrorista norvegese può esserlo.
Ma è pazzo Breivik, che si sente in guerra e prende le armi, o Borghezio, che (a quanto dice) si sente come il primo in guerra, ma poi sostiene di non condividere il metodo militare del terrorista? Chi è che non pensa in modo conforme alle premesse dei propri ragionamenti?
Meglio dichiarare pazzo quello che pensa e agisce in modo razionalmente coerente, altrimenti ci toccherà ripensare molte, troppe cose.

1 commento:

  1. Bisognerebbe, a volte lo penso, prendersi il tempo necessario a ridefinire il senso che attribuiamo alle parole.
    La pazzia, dovrebbe essere quel contenitore generale di sottospecie di varie patologie psichiatriche.
    Alcune di queste, non ritenute pericolose e anzi, piuttosto comuni (che dire della nevrosi? esiste qualcuno che non ne vada soggetto di tanto in tanto?).
    Ecco, sui "pazzi" alla Borghezio (che tanto "normale" non mi pare), si potrebbe trattare di dissociazione mentale: dice una cosa (con molta foga e molta convinzione, come in preda a un attacco parossistico, cioè patologico), ma ne attua la metà (non fu lui a istigare i leghisti a spargere sangue di maiale sul terreno dove si voleva edificare una moschea?)
    Breivik, visto in quest'ottica, è alla fine coerente con se stesso, il che dovrebbe essere segno di "sanità mentale", secondo i parametri psichiatrici.
    Allora, e non posso che essere d'accordo con la tua lucida analisi, forse queste perizie e queste conclusioni che di pazzia si sia trattato, non hanno forse che lo scopo di manipolare la nostra percezione della realtà, spingendoci a uno stato di perenne confusione mentale.
    E siamo sempre più -non a caso - imbottiti di psicofarmaci.
    Come altro sopravvivi alla distorsione del senso delle parole,cioè della realtà?
    Ci vuole un coraggio bestia, per resistere e chiamare le cose con il loro nome originario.

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