giovedì 2 giugno 2011

Alla fine si vota

Alla fine il gioco delle tre carte non è riuscito e il referendum sul nucleare italiano del 12 giugno avverrà come programmato. Così ha deciso la Corte di Cassazione, non potendo che constatare l'ennesimo tentativo di intortamento da parte di questo parlamento, il cui unico (e costoso) effetto sarà la necessità di ristampare tutte le schede per aggiornarle alla nuova disposizione da eliminare. Una buona notizia che fa ben sperare anche per i due quesiti sull'acqua pubblica, i quali avrebbero corso un rischio maggiore di non raggiungere il quorum se privati dell'afflusso degli elettori interessati prevalentemente dalla consultazione sull'atomo, anche per via dell'effetto-Fukushima.
Anche il quarto quesito, sul legittimo impedimento, appare meno in bilico: gli elettori che si recheranno alle urne molto difficilmente faranno esplicita richiesta di non ricevere quella scheda, così che i destini di tutte le consultazioni saranno legati tra loro. Se non dovesse mancare il quorum, Berlusconi perderebbe anche i restanti brandelli dello scudo che la Consulta gli aveva già in parte sfondato.
La sconfitta referendaria sarebbe quindi sia politica (su acqua e nucleare) che personale (sull'impedimento) e potrebbe dare un serio colpo alla traballante maggioranza che per tirare a campare è costretta a creare sottosegretariati per ogni voltagabbana che recluta. La Lega, intanto, dà segni di sbandamento e già Bossi ha aperto sul referendum sull'acqua pubblica, forse non sinceramente e solo per ragioni di campagna elettorale. Secondo alcuni rumors, inoltre, la base leghista si sarebbe ormai disaffezionata a Berlusconi, ormai visto come leader perdente e infedele, e sarebbe pronta ad andare al voto. Ciò dovrebbe avvicinare il quorum, anche se l'elettorato leghista è quello che a metà giugno preferisce andare al mare piuttosto che al seggio...
Il raggiungimento del quorum è di per sè una battaglia politica: è da più di quindi anni che nessuna consultazione referendaria lo raggiunge e l'istituto sembra destinato all'obsolescenza. Non è difficile capirne il motivo, del resto, tenendo presente che i contrari al quesito di turno è da anni che non fanno campagna per il no, ma per il non-voto, in modo da aggiungere la propria astensione politica a quella occasionale, a quella dei disinteressati e a quella degli apolitici: il referendum, ormai, lo vanno a votare solo i favorevoli.
Si riuscirà il 12 e 13 giugno a ribaltare questa tendenza? L'acqua come bene comune e lo spettro del nucleare avrebbero tutte le carte in regola per trascinare gli italiani a votare, ma dall'altra parte militano il silenzio televisivo e la campagna per l'astensione del centrodestra, spaventato più che altro dal quarto quesito, quello sul legittimo impedimento.

3 commenti:

  1. Hai ragione:il raggiungimento del quorum ai referendum del 12 e 13 giugno è cruciale e, se a votare non vanno quelli che voterebbero no, la sconfitta sarebbe non solo politica, ma di civiltà. Così come la vera vittoria alle elezioni non è tanto quella di Pisapia o di De Magistris, ma che abbiano vinto in noi l'entusiasmo e la speranza che ci hanno portati convinti alle urne. Ora è necessario che quell'entusiasmo ci spinga a fare informazione sui referendum in sè, come strumento di civiltà cui dovrebbero partecipare sia i cittadini che votano sì che quelli che votano no.
    Una volta, mi pare una vita fa, facevano le "Pubblicità progresso", quelle che ricordavano ai cittadini anche cose come questa, cioè quanto sia importante per il nostro senso di cittadinanza non solo e non tanto cosa votiamo, ma il votare in sè.

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  2. Certo se il voto fosse stato più vicino ai fatti del Giappone sarebbe stato meglio...
    Ad ogni modo, io credo che sia molto peggio un partito con a capo la Lega che uno con a capo Berlusconi, e andare ai voti non si può dire che mi lasci tranquillo.
    Quanto al votare in sè più importante del cosa si vota...secondo questa logica allora si può votare anche l'abolizione della democrazia, oltre a molte altre cose più negative di questa. Votare per votare è inutile, è il cosa si vota che conta.

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  3. E'chiaro che il potere democratico-popolare ha i propri limiti (come la Costituzione stessa specifica), ma se entro questi limiti non è capace di esprimersi, allora il panorama sociale italiano comincia ad apparire arido e asfittico.
    Il voto referendario è semplicemente la dimostrazione che opinione pubblica e società civile esistono ancora e che non sono state assorbite dalla figura del cittadino-spettatore.

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