mercoledì 29 giugno 2011

A sinistra: socialismo e anarchismo (I)

Socialismo e anarchismo sono accomunati dal nemico contro cui si scagliano, il liberismo. Per tutto il resto, invece, si collocano agli antipodi, nonostante si considerino entrambi di sinistra (cioè fautori delle istanze sociali) e tendano a mitizzare le stesse figure rivoluzionare (soprattutto dell'America Latina). Ciò appare evidente facendo un semplice confronto, che parte dal socialismo e dal suo tentativo di mediazione con il liberalismo, lo Stato sociale democratico.

Il socialismo considera il capitalismo opprimente perché esso garantisce al privato la libertà di migliorare la propria condizione economica a scapito degli altri, così che una società liberista finisce per creare ricchi e poveri e mette i secondi nelle mani dei primi in una condizione di sudditanza ed inferiorità insanabile. La parola libertà, hanno sempre argomentato i socialisti, è vuota per il proletario che non ha i mezzi per godere dei diritti che la legge gli riconosce: avere una casa, farsi una famiglia, far studiare i figli, aver accesso alla sanità, godere degli agi dovuti alla tecnologia e ogni altra cosa. L'uguaglianza davanti alla legge, sancita solennemente dalle costituzioni, resta unicamente formale.
Se il liberalismo poneva al centro del mondo l'individuo come una monade che in sè trova il principio dell'autorealizzazione, i collettivisti hanno rovesciato la prospettiva concentrandosi sulla dimensione sociale dell'uomo. Da ciascuno secondo le sue possibilità e a ciascuno secondo i suoi bisogni significa rendere l'uomo mezzo e fine dell'attività collettiva, fuori dalla quale non è possibile vivere e raggiungere la felicità: chiunque vive nella società e si rifiuta di esserne ingranaggio è uno che sfrutta lo sforzo altrui senza essere utile al gruppo (è la figura del parassita, cara alla retorica sovietica), un egoista da espellere dal corpo sociale.
L'individuo, si teorizza, non ha nulla fuori dalla sfera comunitaria: dipende dagli altri in tutto e per tutto. Sono utopisti coloro che credono che possano esistere dei diritti congeniti, non dovuti al relazionarsi con gli altri e non correlati da doveri altrui, perché solo se tutti riconoscono una possibilità ad un singolo quel qualcuno può goderne senza essere un usurpatore o un ladro. Ogni diritto deve poter essere riconosciuto a tutti, altrimenti è solo un odioso privilegio: socialismo e liberalismo si collocano, dunque, agli antipodi.

Nella seconda metà del Novecento, le democrazie europee hanno cercato di mediare tra la libertà economica e le istanze sociali (cioè tra liberalismo e socialismo) creando imponenti apparati pubblici assistenziali (il welfare State), tentando la quadratura del cerchio: far star bene tutti lasciando contemporaneamente tutti liberi e indipendenti. Grazie al denaro, si sono potute garantire a tutti prestazioni minime che se non altro evitavano ai governi e alle opinioni pubbliche di porsi il problema di scegliere se abbracciare la causa dell'individuo singolo (il liberismo assoluto) o se abbracciare la causa della società nel suo complesso (il collettivismo).
La democrazia ha prodotto la sintesi tra individuo e gruppo sociale, il concetto di persona, cioè il singolo nella sua condizione effettiva, immerso in un tessuto di relazioni. L'individuo si trova un po' meno libero da (obblighi, limitazioni e imposizioni pubbliche), ma, in quanto persona, notevolmente più libero di (realizzare le proprie aspirazioni, trovare riscatto sociale, vivere nel modo preferito), grazie al principio della solidarietà collettiva. L'estremo prodotto di questa sintesi è stata la libertà partecipativa tanto apprezzata durante la Contestazione.
Alla persona sono riconosciuti dei diritti congeniti, ma parallelamente si riconosce la necessità dell'aiuto altrui per la piena realizzazione individuale. L'inquadramento obbligatorio del singolo nel gruppo, dunque, è lasciato più blando che nella visione collettivista, ma rafforzato rispetto alla concezione liberale, mentre è concessa al singolo la piena libertà di crearsi legami ulteriori (con il conseguente maggiore scambio tra libertà e opportunità).

Alla seconda parte

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