sabato 20 agosto 2011

A sinistra: socialismo e anarchismo (II)

Dopo il socialismo, occorre esaminare il secondo grande filone del pensiero di sinistra, quello anarchico.
L'anarchismo parte da premesse teoriche assolutamente opposte rispetto al socialismo, poiché mentre i socialisti (soprattutto dopo Marx) il problema sociale nasce dall'ingordigia del singolo, gli anarchici si limitano a constatare che nel mondo esistono forti e deboli e che i deboli tendono ad essere sottomessi all'autorità dei più forti. La liberazione, dunque, non viene dal mettere un morso all'individuo perché non danneggi i propri simili e perché non sia ingordo, ma, al contrario, dall'eliminazionedi ogni potere che lega un uomo a un suo simile per cancellare le basi legali dell'oppressione.
A ben vedere, mentre il socialista trova la risposta ai problemi sociali nelle regole, l'anarchico vuole eliminare anche le poche regole che il liberalismo (comunemente identificato come la fonte dell'oppressione capitalista) ancora impone, ovvero la tutela della proprietà e del rispetto dei contratti, il diritto di famiglia, la difesa comune e la sicurezza. Un libertarismo estremo, che radicalizza di fatto la nemica ideologia liberale, a partire dal presupposto che non possa esistere nessun'autorità esercitata in modo neutro, o addirittura a vantaggio dei sottoposti, ma che il potere sarà impiegato sempre e comunque a beneficio del suo detentore.

All'atto pratico, non è mai esistita nessuna società anarchica: non è possibile che un insieme di persone conviva senza riconoscere al proprio interno un qualche minimo potere, che sia un capo carismatico, un organo elettivo o, addirittura, la comunità nel suo complesso (che non è la semplice somma dei consociati, ma un ente a sè, con una sua personalità). Un'eventuale società anarchica non potrebbe avere regole, perché da un lato ogni decisione dovrebbe essere presa unanimemente da tutti, dall'altro perché in ogni momento un singolo individuo potrebbe decidere di cambiare idea e di fare di testa propria, senza che sia possibile esercitare alcuna coercizione nei suoi confronti.
Dunque l'anarchismo è la negazione dello Stato sociale, perché serve un'autorità centrale per garantire il rispetto dei doveri di solidarietà tra i cittadini, la riscossione dei tributi e l'offerta dei servizi, mentre questo movimento crede che ogni aiuto reciproco debba essere spontaneo e fondato sulla naturale filantropia umana.
Un punto debole è la possibilità della creazione di posizioni di forza di natura extralegale, come può essere l'instaurazioni di una tecnocrazia (dove pochi riescono a farsi ubbidire semplicemente perché hanno competenze di cui gli altri necessitano) o di un dispotismo violento (dove un gruppo di individui abbastanza forti riescono a dominare gli altri facendo ricorso alla violenza). Insomma, all'ambizione del singolo non viene contrapposta la forza del gruppo.
L'unico rimedio che l'anarchismo propone alla nascita, dopo la rivoluzione anarchica, di nuovi rapporti di potere è la rivolta permanente: poiché tutti si opporrebbero ad ogni autorità anche solo potenziale, sarebbe impossibile la formazione di ogni tipo di egemonia. Ciò, però, va contro la natura umana, dato che a molti potrebbe risultare più conveniente accettare un potere anche solo per puro istinto di sopravvivenza (come nel caso di aggressione esterna, di origine umana o naturale), mentre personalità naturalmente gregarie potrebbero spontaneamente fare gruppo per affrontare meglio le sfide della vita. L'uomo è animale politico, affermava Aristotele...


Alla prima parte

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