Giungendo molto tardi sulla notizia, ho avuto modo di vedere (e, perché no, anche di gustare) l'ormai da tempo uscito film Religiolus, una satira sulle religioni girata dal regista Larry Charles (quello di Borat, per intenderci) e condotta con ironia e faccia tosta dal comico Bill Maher. Il lungometraggio è un documentario che ha per slogan "usate la ragione, non la religione" e che si apre e si chiude con un invito al dubbio rivolto ai credenti.
Non volendo recensire il film (stilisticamente godibile, nonostante il saccente monologo finale), mi limiterò a constatare che dalla visione di dubbi sulla fede ne sorgono veramente pochi al cattolico medio,dato che la pellicola si concentra più che altro sulle moltissime e ridicole sette statunitensi.
Se per tutta la prima parte l'opera è assolutamente piacevole e arguta, è quando si parla di Islam che gli appelli alla ragione e al dubbio diventano unicamente nominali e comincia una vera e propria elencazione di tutti i luoghi comuni sulla religione musulmana, tutti dati per veritieri e tutti utilizzati per dimostrare l'infondateza di quel credo.
Si procede così all'estrapolazione dal Corano di quei versetti che, riferendosi alle situazioni di aggressione da parte di nemici esterni o di persecuzione, fanno appello alla lotta armata. Ovviamente la presenza delle due premesse è omessa, come si omette anche il particolare che il Corano vieti espressamente la continuazione della guerra quando il nemico ormai si è arreso e chiede la pace: l'Islam spinge alla guerra gratuita, si preferisce affermare.
Vediamo che il dovere del dubbio, tanto sbandierato all'inizio del documentario, viene improvvisamente meno quando si ha a che fare con le ferme convinzioni degli autori. Eppure sarebbe stato molto facile acquistare una traduzione in inglese del libro per verificare...
A seguire vengono fatte scorrere immagini di guerriglieri palestinesi, citazioni di Osama Bin Laden, immagini di imboscate in Iraq e l'autorevolissima intervista ad un parlamentare olandese islamofobo le cui opinioni sono disponibili in italiano in qualsiasi libro di Oriana Fallaci o Antonio Socci. Poi si accusa l'Islam di intolleranza parlando di Theo Van Gogh e di Salman Rushdie, di trattare male le donne per ordine diretto di Maometto e di tutte le altre storielle che si ascoltano fino alla noia in giro.
Fa quasi sorridere, infine, la scena in cui Maher, intervistando un rabbino antisionista che cerca di spiegargli la teoria dell'unico stato come soluzione per il conflitto israelo-palestinese, si alza e scappa via rifiutando qualsiasi confronto, non riuscendo a fare nulla di meglio che poi montare il pezzo con foto del rabbino in compagnia di Ahmadinejad.
Per i meno informati, preciso che Ahmadinejad, contrariamente a quanto sostengono i nostri media, non vuole lo sterminio di tutti gli ebrei, ma è solo un fautore della teoria (quasi utopia) dell'unico stato di Palestina, dove israeliani e palestinesi possano convivere in pace e con uguali diritti. Ma visto che, nonostante gli slogan sul dubbio e sul pensare con la propria testa, agli autori fa comodo alimentare gli stereotipi dello spettatore medio per portare avanti la propria tesi, allora ci tocca assistere all'ennesima strumentalizzazione dell'ignoranza popolare.
Quella che doveva essere una messa alla berlina delle religioni, così, diviene agli occhi del pubblico più informato una tragicomica rassegna di cliché e di luoghi comuni, dove la razionalità scompare a vantaggio dei collegamenti (mendaci) immediati, delle associazioni di immagini, degli spettri e delle paure collettive. Un'opera di oscurantismo, quindi, che nel suo piccolo contribuirà ad alimentare l'odio anti-islamico ed il pregiudizio.
Dubitate di chi, dicendovi quello che volete sentire, vi invita a dubitare.
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