lunedì 4 luglio 2011

I difensori dell'anarchia della rete

Libertà è una delle parole magiche del nostro tempo. Le peggiori disuguaglianze sociali e globali sono giustificate in nome della libertà, i tentativi di limitazione dell'attività inquirente sono motivati con la tutela della libertà del cittadino, una coalizione (poi diventata partito) ha scelto come nome la parola libertà...
L'ambiente ideale per la retorica della libertà è stato trovato nella rete, quello strano mondo parallelo in cui, protetti dall'anonimato, tutti pensano di poter fare ciò che vogliono, i freni inibitori si allentano e diventano spontanei e naturali atti che nel mondo reale (ma ha senso questa distinzione?) non avrebbero cittadinanza. Una realtà anarchica in cui molto è gratis, popolare è sinonimo di buono, il vero è ciò che si dice e quello che conta è vendersi bene, perché il successo può anche trasformarsi in molto denaro.
Ogni tentativo di fissare dei limiti è denunciato dagli internauti come un'introduzione della censura. La libertà della rete è considerata così tanto un bene in sè che nessuno si sorprende o si indigna se in un paese civile come la Svezia un partito politico mette al centro del proprio programma la tutela della pirateria informatica, ovvero la garanzia che sul PC tutto sia permesso e nulla possa essere vietato, per quanto appaia immorale e contrastante coi più basilari principii di diritto.
Tra un paio di giorni l'Autorità Garante per le Comunicazioni voterà una deliberà il cui contenuto autorizzerà la chiusura coatta dei siti internet in cui si registreranno violazioni del diritto d'autore. Già è stato lanciato l'allarme su tutta la rete: è un cavallo di Troia per cercare di imbavagliare le voci libere! Dunque il problema non è che si commettano illeciti sulle pagine web, ma che qualcuno cerchi di porre un freno a queste infrazioni con l'unico strumento possibile, ovvero l'ammonizione e, dopo un contraddittorio, l'eventuale oscuramento.
Si può obiettare che una proposta del genere violerebbe gravemente la riserva di giurisdizione prevista dall'articolo 21 della Costituzione:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria
Il blocco del sito, dunque, potrebbe essere autorizzato solo dal giudice e un'autorità amministrativa indipendente, pur garantendo il contraddittorio, non potrebbe vedersi attribuita tale facoltà.
A leggere meglio l'articolo, però, ci si accorge subito che questa tutela è limitata unicamente alla stampa: un sito (come questo che leggete) che contiene un desclaimer che nega la natura giornalistica delle pubblicazioni non dovrebbe essere così tutelato.
Un secondo allarme giunge dall'Europa: l'Unione sta per approvare una direttiva che permetterà una chiusura più rapida dei siti contenenti materiale che si presume pedopornografico. Qualunque persona di buon senso - si immagina - concorderà sul dovere di tutela dei minori e sulla necessità di combattere contro la pornografia infantile. Ma così non è e in Germania si raccolgono firme per bloccare il progetto perché si teme una restrizione della mitica libertà della rete.
Se la direttiva riguardasse le pubblicazioni cartacee, probabilmente il dibattito interesserebbe solo i giuristi e gli operatori del settore, ma dato che si parla di internet, allora il coinvolgimento è più sentito: tra la tutela dei minori e l'anarchia della rete moltissime persone ritengono più importante la seconda, così che ora il Parlamento Europeo sarà chiamato a riesaminare la questione.

Che la rete sia un fondamentale presidio della libertà d'espressione è vero, perché è su di essa che tutte le posizioni minoritarie riescono a trovare la propria unica vetrina. Parliamo di complottisti, sessisti, neopagani, atei anticattolici estremisti, fondamentalisti islamici, omofobi, antisemiti, neonazisti, negazionisti, islamofobi esagitati, provocatori, fanatici religiosi di varia natura, settaroli e spiritualisti allucinati: una galassia di voci escluse dal dibattito pubblico, spesso e volentieri sgradevoli se non disgustose. La libertà da tutelare, dunque, è la loro, non quella di pirati informatici e maniaci sessuali.

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