giovedì 21 luglio 2011

La fabbrica dei santi e il prodotto Pio XII

Il principale rimprovero che si muove a Pio XII è il suo silenzio: silenzio (e simpatia) davanti al consolidamento del Nazismo, silenzio davanti alle persecuzioni antiebraiche (ma non solo), silenzio davanti ai rastrellamenti nella stessa Roma. Di contro, coloro che da parte cattolica vogliono difendere la figura del Principe della Chiesa, sostengono che il silenzio all'epoca fosse indispensabile per evitare che le truppe tedesche avviassero per ritorsione una vera persecuzione ai danni della Chiesa: il basso profilo sarebbe servito all'azione di aiuto sotterraneo portata realmente avanti dalla Curia. A riprova, si presenta il caso dell'Olanda, dove la conferenza episcopale locale, a fronte del silenzio di tutte le altre confessioni religiose, condannò i nazisti ed espose i cattolici ad una dura rappresaglia.
Oggi, invece, Benedetto XVI, il paladino della canonizzazione di Pio XII, fa la voce grossa contro la Cina, paese in cui esistono due cattolicesimi, il primo clandestino, in comunione con Roma e perseguitato dal governo, il secondo (minoritario) ufficiale e costituente la "Chiesa patriottica". Si minaccia quindi l'anatema contro tutti i cattolici che accetteranno cariche ecclesiastiche dalla Chiesa di regime, si condanna Pechino per la rottura dei negoziati con la Santa Sede e si pretende la piena libertà religiosa. Per rinfrancare i cristiani di laggiù, la Curia dorata ricorda gli esempi di Stefano e dei martiri dei primi secoli, invitando tutti a rimanere saldi e coerenti nonostante le avversità del mondo.
Dunque, il vescovuccio cinese senza pretese di santità deve resistere a qualunque costo davanti alla minaccia concreta delle leggi penali del suo paese, mentre un romano pontefice, che tra qualche anno ci ritroveremo sugli altari, faceva bene a tacere e a far finta di nulla per tutelarsi dall'eventualità di un'ipotetica repressione nazista ai danni della.... totalità della popolazione italiana dell'epoca!
E' lampante il paradosso di una Curia che da un lato cerca di far rispettare una plurimillenaria convinzione costante della Chiesa (la coerenza), mentre dall'altro porta avanti un assurdo processo canonico per il più chiacchierato pontefice del XX secolo, probabilmente solo per far felici quei tradizionalisti che vogliono liquidare come un'età di mezzo tutto ciò che è avvenuto dal tempo di Giovanni XXIII e della sua infausta idea di concilio alla svolta conservatrice dell'attuale pontificato. Oppure, ma sarebbe ancora più triste e patetico, Benedetto XVI vuole lanciare un messaggio ai vari sedevacantisti: il pontefice attuale è il successore legittimo e diretto di Pio XII.
Altre ragioni per canonizzare l'ennesimo santo del Novecento non ce ne sarebbero. Tutta la faccenda, al contrario, rimarca la distanza siderale tra l'idea originaria di santificazione (il popolo che riconosceva in una persona scomparsa veramente speciale un sicuro salvato) e ciò che l'istituto è diventato dopo la deregulation di Giovanni Paolo II: una fabbrica in serie di centinaia di nomi sconosciuti alla quasi totalità dei cattolici. Ormai non è più il santo come persona ad essere un messaggio, ma è la statistica dei santi a voler dimostrare (dichiaratamente) che la Chiesa esisterebbe ancora e che la salvezza è alla portata di tutti.
Il risultato non può che essere uno svuotamento del significato della canonizzazione con conseguenti disaffezione della gente per i santi (salvo che non si tratti del canonizzato della parrocchia o del movimento ecclesiale di turno) e ulteriore secolarizzazione della società.

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