sabato 11 dicembre 2010

Wikileaks e il Vaticano: nulla di nuovo sotto il sole, eccetto qualche incomprensione

Mentre si continuano ad ignorare le conseguenze vere di Wikileaks di ui si è parlato nell'ultimo post, finalmente i giornali italiani rendono note le fuoriuscite di notizie riguardanti il Vaticano. I dispacci sono molto poco utili per capire il Vaticano, ma interessantissimi per comprendere il punto di vista statunitense sulla Santa Sede.
Il primo problema evidenziato è lo scarso uso delle nuove tecnologie: pochi blakberry e quasi nessun indirizzo e-mail, cosa che fa definire i prelati come tecnofobi. Si dice che la Curia ha una scarsissima capacità di produrre e di orientare informazione.
In secondo luogo, ci si lamenta che quasi nessuno in Vaticano conosca l'inglese, perché la struttura è italocentrica, ermetica e antiquata. Così per gli USA è impossibile influenzare le decisioni e avviare una partnership efficiente (si noti che per gli americani l'unico rapporto di amicizia possibile è quello di ingerenza!). E' noto, però, che la lingua della diplomazia vaticana è il francese, non l'inglese, per cui è strano che i funzionari statunitensi si stupiscano di non poter parlare la propria lingua ed essere compresi...
Poi se la prendono con il cardinal Bertone, reo di girare il mondo facendo poca politica e molta missione pastorale. Da cattolico italiano, ho sempre criticato Bertone per il suo troppo interesse per le vicende squisitamente politiche e la scarsa attività spirituale: che per gli USA la Santa Sede non sia un'istituzione religiosa ma un think tank come le lobby evangeliche di casa loro?
Infine tante informazioni inutili e già note: l'opposizione di Ratzinger cardinale all'ingresso della Turchia nell'Unione Europea, il desiderio dei Papi di veder inserito nella costituzione UE un riferimento alle radici cristiane, la scarsa collaborazione in tema di pedofilia e la polemica con gli anglicani sul passaggio alla Chiesa Cattolica dei loro preti critici verso il sacerdozio femminile.
Sappiamo poi che i servizi di sicurezza del Vaticano, con l'eccezione di un breve corso di formazione sugli esplosivi, sono sempre stati restii a collaborare con l'FBI nella lotta (isterica) al terrorismo messa in atto negli anni passati.
La sala stampa della Santa Sede ha definito di "estrema gravità" le notizie pubblicate. Ovvero ha messo in atto quella strategia di vittimismo e di scandalo con cui riesce sempre a ingigantire qualsiasi cosa portando il Vaticano al centro di una tempesta internazionale. I documenti, infatti, lo criticano come macchina statale (cosa che non dovrebbe essere), non come istituzione religiosa.
La stampa italiana dedica un moderato interesse alla notizia e alle reazioni. L'Unità si limita perfino a riferire dei cablogrammi sulla pedofilia e poco più. Il Corriere, Il Fatto, Il Messaggero e Il Giornale dedicano un articolo e nessun commento. Solo La Repubblica esprime un parere, inserendolo nel bel mezzo del pezzo di cronaca: «Le carte del Dipartimento di Stato filtrate da Wikileaks che si riferiscono al Vaticano raccontano l'incontro fra due Imperi, e svelano in realtà lo scontro culturale fra un Paese moderno, democratico e dinamico e un sistema di potere monarchico, millenario ed ermetico».
Il confronto tra i due Imperi, così come lo scontro tra la modernità, la democrazia e il dinamismo degli USA (bombardamenti e arresti illegali inclusi) e l'ermetismo (dovuto all'uso della lingua francese, immagino) della monarchia millenaria vaticana, è tema così abusato da strappare un mezzo sorriso al lettore. Invece la confusione tra potere politico e religione in cui cade l'articolista potrebbe apparire sorprendente in un giornale che si definisce solitamente laico e laicista.

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