Wikileaks è l'unione di wiki (veloce), prefisso divenuto celebre con Wikipedia e che sta a singificare la libertà di contenuti, e leaks (fughe di notizie). Il sito ha diffuso centinaia di migliaia di documenti di cancelleria riservati o segreti provocando un piccolo terremoto planetario e agitando ancora di più le già inquiete acque in cui naviga l'amministrazione Obama.
Alla vigilia della grande fuga di notizie dell'altro giorno, i media italiani già scalpitavano all'idea di conoscere ciò che negli ambienti diplomatici americani si dice dell'Italia e del suo governo. Così, ancor più delle rivelazioni sulla pessima condotta occidentale in Afganistan (strana guerra di liberazione in cui i liberati sparano da un decennio addosso ai liberatori), erano le schede sui leader mondiali a interessare i mass media.
Anche Palazzo Chigi era in subbuglio ed aveva emanato una delirante nota in cui si affermava che i crolli di Pompei, la spazzatura di Napoli, le inchieste della magistratura su Finmeccanica e Wikileaks (e per fortuna non anche l'effetto serra, gli alieni e il traffico sulla Salerno-Reggio Calabria) fossero tutti frammenti di un grande complotto volto a screditare l'Italia (nella figura del suo Presidente, si intende) sulla scena internazionale. Frattini, autorevole portavoce dell'esecutivo in questo frangente, ha negato l'esistenza di un'unica mente dietro queste manovre: piuttosto sarebbe una congiura di tutti i mezzi di informazione del mondo ostili a Berlusconi.
L'attesa così era in crescita: che cosa conterranno mai le rivelazioni di Wikileaks per sconvolgere così tanto il moribondo governo Berlusconi? Che cosa può spingere Frattini a definire la fuga di notizie come un nuovo 11 settembre? Sicuramente qualcosa di scottante, hanno pensato tutti i media che infatti ci hanno aggiornato minuto per minuto sulle notizie che trapelavano.
Alla fine, però, la montagna ha partorito un topolino: gli stranoti rapporti con Putin, i festini, la scarsa serietà, l'inettitudine... insomma, tante cose che in Italia e all'estero si ripetono da quindici anni e che ora sappiamo essere state dette anche da funzionari americani. Tanto è bastato a terrorizzare Frattini che adesso sta chiedendo la cattura e l'interrogatorio immediati del creatore di Wikileaks, l'australiano Assange.
Come nella fiaba di Andersen, il Re è nudo e ciò che teme ora più di ogni altra cosa è che qualcuno lo dica, svergognandolo davanti a un popolo narcotizzato che sembra non accorgersi (o non volersi accorgere) della realtà dietro le fragili menzogne. Così si cerca di silurare dai media coloro che indicano le palesi vergogne del Capo, accusandoli di disfattismo, chiudendo i programmi televisivi e intimidendo. Ogni voce più forte delle altre è riconosciuta come pericolosa, perché potrebbe essere quella che fa svegliare l'opinione pubblica che fino ad ora ha preferito guardare il Grande Fratello al posto della nudità del sovrano.
Il Re, intanto, continua a sfilare sperando che il momento della fine dell'incanto arrivi il più tardi possibile o che, almeno, la copertura di ridicolo sia relativamente ridotta. Ma, come insegna la fiaba, nessuna farsa è destinata a durare all'infinito.
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