In Piemonte stanno venendo ricontate più di 14000 schede elettorali regionali, dopo che il TAR lo aveva disposto per le presentazioni molto poco chiare di ben due liste legate all'attuale presidente leghista Roberto Cota. Ciò che si deve verificare è che gli elettori di tali liste abbiano espresso una preferenza esplicità per il candidato alla presidenza, e non solo un voto alla lista scelta.
Dai primi calcoli, pare che Cota abbia perso ben 9000 suffragi in questo riconteggio, così che il suo margine di vantaggio risicatissimo sulla sfidante Mercedes Bresso si sarebbe annullato del tutto, rendendo invalida la sua elezione. Ma ciò non basta, perché c'è una terza lista contestata, quella di Michele Giovine, che sarebbe perfino inesistente dal punto di vista giuridico nel caso in cui si dimostrasse che, come si sospetta, le firme con cui è stata presentata siano quasi tutte false. E la lista in questione aveva raccolto 27000 voti tutti annullabili.
Vale certamente la presunzione di innocenza, ma col passare dei giorni e dei conteggi i sospetti diventano sempre più sicuri e quello di truffa sta diventando un odore sempre più forte. La quantità di voti in forse e la scarsa misura del distacco tra centrodestra e centrosinistra nell'ultimo confronto elettorale rendono infine la posizione del governatore sempre più traballante.
I sostenitori di Cota gridano allo scandalo, denunciando un capovolgimento della volontà popolare da parte dei magistrati: per loro la volontà popolare non è quella di coloro che esprimono voti validi, ma quella che i loro padroni desiderano che sia.
Il furto, se si avesse la prova definitiva delle irregolarità, sarebbe quello compiuto da Roberto Cota ai danni della democrazia piemontese e italiana in generale: con sotterfugi di bassa caratura avrebbe tentato di falsare e violentare la volontà popolare che sostiene di rispettare.
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