martedì 17 agosto 2010

Grillo e Berlusconi, creature affini?

Berlusconi (alias Napoleone jr, alias Cesare) è stato l'archetipo a cui più volte gran parte dei commentatori hanno associato Beppe Grillo ed il movimento da lui fondato. In particolar modo è stato rimproverato, Grillo, di stare cavalcando, dall'altra parte della barricata, lo stesso populismo anti-partitico e anti-sistemico cavalcato sempre fino ad ora da Napoleone jr., in una versione, anzi, rinnovata e potenziata. Poi si dice che Grillo, come dall'altra parte la Lega e Berlusconi, stia cavalcando la demagogia di sinistra, contro la demagogia di destra da loro rappresentata. Prima di dare ragione o torto a questa tesi vanno evidenziate, però, anche le differenze tra i due fenomeni, quello grillino e quello berlusconiano (e poi anche leghista).
Prima di tutto il modo in cui i tre movimenti sono sorti e le basi del loro consenso iniziale. Forza Italia è nata dopo la dissoluzione del vecchio Pentapartito, in circostanze a dir poco oscure (le inchieste siciliane lo confermano), e con la volontà di riempire il vuoto di potere creatosi. Ha quindi ereditato il bacino del PSI, come anche molti voti di ex democristiani e laici minori. Quindi vediamo un'inesistente base territoriale per un partito sorto dall'alto, come erede di altri partiti.
La Lega, invece, sorse molto prima come movimento di protesta campanilista, in aperto antagonismo rispetto al Pentapartito e con convergenze, al contrario, con l'opposizione di sinistra. Si è sviluppato prima a livello locale e solo dopo ha visto il salto di qualità su scala nazionale, così che ha una sua roccaforte di voti (inizialmente la pedemontana settentrionale, poi con infiltrazioni, più blande, nelle città padane) ed una sua area di riferimento, che poi ha compreso i transughi della morente DC del Nord Est.
Infine Grillo, nato come un moto di protesta interno al centrosinistra, deluso dal governo Prodi e, soprattutto, dalla sua componente centrista e mastelliana in primis. E' nato come moto di protesta, appunto, con dei propositi puramente negativi (no alla partitocrazia, no allo spoil system, no alla politica corrotta e spendacciona), sulla scia di successi editoriali come il libro di Stella, ma poi ha fatto proprio un programma indicativamente di sinistra ecologista, con predominanza dei temi ambientali e di riforma strutturale della concezione economica. Non ha un territorio di nascita, e qui assomiglia a FI più che alla Lega, ma il suo bacino di voti non è il vuoto lasciato da forze poi implose, ma una forma di dissidio interno al centrosinistra, con ammiccamenti al mondo dell'astensionismo deluso.
Poi c'è il rifiuto della forma partitica, che diverge dal medesimo rifiuto come è stato inteso da Berlusconi. In FI e, poi, nel PdL, la demolizione delle istituzioni dei partiti è passato tramite la creazione di un'istituzione personalistica, l'eliminazione dei congressi e della democrazia interna, la scelta dei candidati e dei dirigenti con metodi aziendali (in primis la chiamata diretta da parte del leader) e lo scarso utilizzo della base come macchina elettorale (preferenza del mezzo mass-mediatico).
La lega, al contrario, è più legata ad un'idea federale di partito, retaggio della sua storia: partitelli locali si sono uniti tra loro per dar vita al nuovo soggetto politico, sempre a guida carismatica e personalista a livello centrale, ma che gode di una buona indipendenza a livello locale (sebbene le scelte principali subiscano il peso di Bossi in modo spesso non percepito dall'opinione pubblica).
Grillo, invece, esegue un reclutamento su base dei programmi, per mezzo di associazioni spontanee di volontari che, da rappresentati della società civile, si sono trasformate in macchine elettorali per l'elezione di candidati indipendente ideologicamente affini. Inoltre, sebbene le scelte principali dell'organizzazione (che sembra più un marchio che una struttura) siano state fatte dalla persona del leader, tuttavia la fase operativa e le decisioni locali sono sempre state demandate alla periferia.
Infine passiamo a vedere il ruolo del leader nelle tre formazioni. Berlusconi, presidente a vita del PdL per statuto e candidato unico intorno al quale è organizzato tutto, è il fondamento ed il fine del suo partito, più emanazione della sua persona che entità da lui indipendente: tutto è in sua funzione e lui ha il potere di fare tutto, in un'ottica antidemocratica e aziendale (partito proprietà privata).
Bossi, invece, funge più da collante che da vero organizzatore unico (esiste una fitta schiera di colonnelli, infatti, attorno a lui), sebbene sia la testa indiscussa, il capo carismatico assoluto della Lega. A differenza del berlusconismo, il leghismo può anche sopravvivere al proprio leader grazie ad un programma (il PdL non ne ha uno, ha prodotto unicamente promesse elettorali eterogenee e disorganiche) populista e popolare nelle regioni del Nord: seguire gli istinti più bassi della gente per rincorrere il suo consenso. Ma forse i leghisti sono molto meno scaltri e semplciemente si limitano a dire ciò che pensano, collocandosi dunque nella parte peggiore della popolazione italiana settentrionale.
Grillo, infine, non ricopre incarichi né è candidato o destinato ad essere candidato. Il suo ruolo è solo quello di guida, di ideologo dei suoi movimenti, seppure dotato di un enorme carisma che gli permette di fatto di controllare il movimento anche senza alcuna carica ufficiale. Il collante che offre sono le sue idee, condivise da tutti i militanti e portate avanti dalle liste locali. Molto distante, dunque, dal modello aziendale-autocratico berlusconiano e anche da quello carismatico-gerarchizzato leghista.
Detto ciò, appare quindi senz'altro improprio il paragone tra Grillo e Berlusconi, sebbene esso sia molto gettonato dai commentatori. Effettivamente, però, il movimento grillino ha tratti demagogici, soprattutto nella sua parte antipolitica dura e pura (quella che l'ha portato a scontrarsi perfino con gente fino a poco prima sostenuta, come Sonia Alfano) e questo particolare dovrebbe avere il potere di far riflettere la sinistra italiana: è in grado di creare un'espressione politica delle istanze portate avanti antipoliticamente dai grillini?

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