mercoledì 28 luglio 2010

Ciò che sulla Cisgiordania non si vorrebbe sentire e nessuno sente

La Cisgiordania (in inglese West Bank, sponda occidentale) è quel territorio a ovest del fiume Giordano che nella spartizione del 1948 fu assegnato allo Stato palestinese, che poi fu occupato dalle truppe della Transgiordania (poi divenuto Regno di Giordania) e che infine è stato (almeno nella sua maggiore parte) riconcesso all'Autorità Palestinese in attesa della fondazione del nuovo Stato. La sua popolazione palestinese è di oltre 2 milioni e 300 mila abitanti, moltissimi dei quali soto la soglia della povertà o stipati nei campi profughi (perché scacciati dalle loro terre progressivamente passate ad Israele). In compenso nella stessa Cisgiordania vivono più di 300 000 coloni israeliani, stabiliti in insediamenti abusivi (è vietata dal diritto internazionale la colonizzazione delle terre occupate militarmente) e destinatari di un privilegiatissimo trattamento da parte del loro governo, grazie a sgravi fiscali, programmi di sviluppo economico e larghi investimenti in welfare e istruzione.
Le terre dei coloni sono state tutte recintate di muri di cemento armato e valli di filo spinato, per impedire qualsiasi contatto tra i loro residenti e la popolazione indigena palestinese, come pure l'approvigionamento idrico è differenziato a seconda che si sia da una parte o dall'altra di queste barriere. Nel corso del processo di pace, ci informa la ONG EWASH (Emergency Water, Sanitation and Hygiene) che si occupa della situazione idrica dei Territori Occupati, si è raggiunto un accordo tra il governo di Fatah e quello isrealiano per la spartizione della non molta acqua presente nella regione, che proviene da due fonti, il fiume Giordano e la falda acquifera sotterranea.
La principale e più facilmente fruibile fonte è naturalmente il fiume Giordano, infatti attualmente così largamente sfruttato che la sua portata alla foce è ridotta a 30 metri cubi al secondo (ovvero da rigagnolo, tanto che il livello del Mar Morto è in diminuzione). Tuttavia la riva del Giordano è integralmente sottoposta al controllo militare israeliano e lo sfruttamento di queste acque è integralmente riservata ai coloni israeliani.
Resta la falda acquifera che, come ci informa Amnesty International, subisce uno sfruttamento impari da parte delle due comunità: i 300 000 israeliani, infatti, possono disporre dell'80% dell'acqua pompata, così che sono riusciti a trasformare le loro terre in quei giardini lussureggianti e fertili che tutto il mondo ammira e per i quali unanimamente si riconosce merito agli israeliani; i 2.300.000 palestinesi, al contrario, possono contare solo sul 20% della risorsa, quantità palesemente insufficiente ai loro bisogni.
Così la piccola agricoltura palestinese, che forniva a gran parte della popolazione cisgiordana il sostentamento, adesso è in piena crisi e per molte comunità pastorali l'alternativa è tra la vita di stenti e l'emigrazione. Emigrazione che forse sarà molto gradita dalle autorità israeliane, dato che si denuncia da parte di fonti arabe che alla Knesset (parlamento di Israele) sia stata presentata una mozione per dare una particolare interpretazione alla Teoria dei Due Stati (ovvero quella che vuole la pace con la costituzione di uno Stato palestinese): cacciare tutti i Palestinesi dalle terre a ovest del Giordano e trasferirli in Giordania, la loro nuova patria.
Finché Israele non si rassegnerà a rinunciare ai deliri di quei leader religiosi che credono di essere ai tempi di re Davide e farneticheranno ancora di Terre Promesse e doveri sacri, allora la colonizzazione delle terre occupate andrà avanti, le ingiustizie proseguiranno e la pace sarà solo un lontano miraggio

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