giovedì 8 luglio 2010

Democrazia militante

Una giornalista della CNN, inviata in Medio Oriente, è stata licenziata per ciò che ha scritto su Twitter in occasione della recente morte di un ayatollah (ovvero un alto prelato musulmano sciita) vicino al movimento estremista libanese Hezbollah, Mohammed Hussein Fadlallah: ha dichiarato infatti di nutrire il massimo rispetto per questo gigante di Hezbollah. Il tutto è bastato per scatenarle adddosso l'inferno. Subito è stata accusata di essere amica dei terroristi e nemica di Israele (accusa che in America è più o meno equivalente a quella di nazismo), poi è arrivata la comunicazione di licenziamento insieme ad una spiegazione della frase in questione.
E' la spiegazione della frase in questione, appunto, l'emblema dello stato di paranoia che sta cogliendo l'Occidente in questi anni, lo stato di paranoia che è ben disposto a farci dimenticare dei nostri buoni principi in nome della contrapposizione tra blocchi. La giornalista, infatti, ha sostenuto che la sua ammirazione non era affatto dovuta all'appartenenza politica del religioso, ma, al contrario, alle sue prese di posizione sulla violenza domestica contro le donne. Ha condannato con una fatwa (che è l'equivalente di un anatema) l'omicidio d'onore in caso di infedeltà coniugale.
Ma si sa, la condizione femminile era solo uno dei tanti pretesti per far piacere le nostre recenti guerre di invasione in giro per il mondo alle opinioni pubbliche, in realtà ciò che conta è il sostegno o meno offerto dai vari gruppi ai governi occidentali e filoamericani. Così mentre le offensive militari vanno avanti in nome dei diritti delle donne, le giornaliste che esprimono rispetto per gli ayatollah che si sono impegnati per i diritti delle donne vengono licenziate, in una perla di coerenza tutta da tempi di guerra.
Mentre, al contrario, governi teocratici come quello saudita che non rispettano le minoranze religiose (e anzi le bandiscono), che non riconoscono alle donne alcun diritto e detengono un potere assoluto e dispotico, ma che sono amici degli Stati Uniti e offrono porzioni di territorio alle basi americane, allora quelli sì che sono da considerare modelli da seguire e guai a chi si permette di criticarli.
Sembra, appunto, di essere tornati ai tempi della guerra fredda in cui la democrazia doveva essere un mezzo, non il fine. Un mezzo per segnare la separazione di un blocco da un altro, per affermare un certo tipo di imperialismo e per marcare una differenza. Il contrario della democrazia migliore, che sarebbe quella tesa unicamente a valorizzare l'individuo e le sue aspirazioni, senza tanto badare a quali interessi geopolitici essi possono giovare o nuocere.

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