Maurizio Crozza è stato attaccato dal presidente della Rai Galimberti per l'uso del turpiloquio che "svilisce l'azienda". In particolare sul video che La Repubblica, il giornale di Galimberti, ha allegato alla notizia sono stati evidenziati i passaggi controversi del breve sketch con cui il comico genovese ha introdotto, come al solito, la trasmissione di Floris: sono state adoperate le parole cazzo, minchia, fanculo, cazzate e trombare.
Se è vero che forse il linguaggio televisivo abusa un po' troppo dell'ampia libertà concessa per scadere nella volgarità e nell'osceno, di certo non è una parentesi satirica di Crozza a poter essere condannata. Forse sì, c'è stato un utilizzo più frequente della media di questi termini non propriamente puliti, ma era proprio necessario un intervento di Galimberti per questo?
Sia chiaro, non sono contrario a che un presidente, scelto come "di garanzia", esprima commenti su ciò che viene trasmesso. Anzi, proprio per il suo ruolo di garante, forse è opportuna una sua costante presenza per giudicare ciò che accade nella Rai lottizzata dai partiti. Ma di sicuro in questo caso la spendita di una sua dichiarazione non è stata né doverosa né opportuna.
La Rai è un'azienda con un mare di problemi: il TG1 sembra la succursale di Fede, le epurazioni sono praticamente annuali e riguardano anche personalità di centrodestra (come Monica Setta) colpevoli di non aver seguito pedissequamente le linee del Padrone, Santoro ancora non ha una trasmissione per la stagione ormai già cominciata. E Galimberti si occupa delle "cazzate" di un comico?
E' famosa una tecnica di resistenza intellettuale ai regimi, ovvero ubbidire nelle piccole cose e disobbedire in quelle fondamentali. In Italia, invece, parlare del poco è sempre facile e osannato, mentre è sul molto, sugli altari del potere, che non si apre bocca.
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