martedì 7 settembre 2010

Profitto contro sicurezza. Il "ritorno" al nucleare tedesco

Appare sorprendente come gli stessi che fino a ieri definivano la tesi del surriscaldamento globale come una fantasia da ecologisti adesso siano divenuti i maggiori promoter del ritorno al nucleare italiano in quanto rimedio al surriscaldamento globale. Questa repentina conversione sulla via di Damasco farebbe quasi pensare che, incredibilmente, costoro siano talmente allettati dalla devastazione dell'ecosistema da farsi paladini di qualsiasi mossa dei governi adatta ad avere un terrificante impatto ambientale e sulla salute umana.
Un sedicente studio sugli effetti del nucleare condotto da Enel e Edf (ovvero i costruttori delle nuove centrali atomiche italiane) afferma che "bisogna contrastare la diffusione di disinformazione o di informazioni parziali che inevitabilmente causano il propagarsi di paure collettive, diffondendosi a grande velocità attraverso canali quali Internet". Per puro spirito d'opposizione, voglio quindi dare il mio contributo alla disinformazione antinucleare.

E' stato esaltante per i nuclearisti sapere che Angela Merkel vuole tornare al nucleare: finalmente i dogmi antiscientifici di Schröder vengono giù, le cassandre delle sinistre dovranno fare i conti con un'intera Europa che marcia al ritmo di reattori atomici, si ha la prova che costruire centrali a fissione è ancora una scelta saggia.
Ora, però, si è saputo anche in Italia in cosa consisterà la "rivoluzione" tedesca, che adesso sembra molto meno rivoluzione e molto più una politica al risparmio. La Germania, infatti, allungherà semplicemente la vita delle centrali già attive per legge, in attesa del passaggio dall'attuale sistema di produzione ad uno interamente fondato sulle energie rinnovabili.
Alle opposizioni tedesche questo discorso è sembrato troppo poco convincente, visto che il piano di riforma energetica ha sì istituito la già da molto tempo ventilata tassa a favore dello sviluppo delle rinnovabili, ma l'ha parzialmetne neutralizzata con un meccanismo di scarico per i contribuenti costretti a pagarla, così che i vantaggi per l'erario saranno inferiori alle aspettative. Inoltre l'opinione diffusa è che si tratti unicamente di un salvataggio delle lobby industriali, a cui sarà concesso di speculare ancora un poco sull'attuale assetto delle fonti di approvvigionamento e ritardare gli obiettivi di ricerca prefissati.
Anche se le opposizioni tedesche avessero torto e tutta la manovra della nuova imposta dovesse avere gli effetti benefici sperati all'inizio, ciò non salverebbe la riforma tedesca da un vulnus originario apparentemente piuttosto scontato: le macchine (come le centrali nucleari) non variano la propria efficienza per legge.
Già in Francia (ma anche in altri paesi) le crisi di bilancio hanno imposto di recente ai governi nuclearisti, per non abbandonare l'obsoleta e costosa tecnologia atomica, l'allungamento artificioso delle aspettative di vita delle centrali, ovvero si è imposto con provvedimenti giuridici che le strutture, progettate per rimanere attive per un certo periodo di tempo, dovranno rimanere in funzione per un periodo ulteriore, non previsto inizialmente.
Così facendo, il rischio di incidente è destinato ad aumentare esponenzialmente di anno in anno, non essendo la macchina più nel periodo di "garanzia", ma in compenso il gestore dell'impianto potrà godere di un extraprofitto nemmeno immaginato al momento dell'apertura. E ora anche la Germania si sta avviando su questa strada di risparmio sulla pelle dei cittadini.
Anche se quindi i vari nuclearisti nostrani ci rassicurano che le centrali nuove sono sicurissime e che non c'è alcun pericolo perché le tecnologie sono ben testate, chi può assicurarci che anche l'Italia, tra qualche decennio, non sceglierà di barattare la nostra sicurezza per il profitto di qualche industriale?

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