Mauro Corona risponde a Vito Mancuso sull'opportunità o meno per un autore di rivolgersi a Mondadori, che crede "che lui sentisse il bisogno di tornare alla ribalta, viveva un calo di popolarità. Ha cavalcato quello che poi, a torto, è divenuto un caso". Se la prende con i "professionisti della coscienza dovrebbero prendersela con la loro sinistra, quella che dal 1994 si rifiuta di fare una legge sul conflitto di interessi anziché venire a rompere le scatole a me", ricordando la sua vita difficile e rivendicando l'opportunità per tutti di pubblicare i propri libri in modo da ottenere il massimo profitto per se stessi, visto che nel mondo in cui viviamo ciascuno pensa solo a se stesso e non è con le belle idee che si riempie il piatto.
Il punto di vista dello scrittore-montanaro è pienamente legittimo, visto che non è stato certo lui, come non è stato nessun altro autore della casa editrice, a portare avanti la condotta illecita, anche se sicuramente ha potuto giovare di quel margine di profitto aggiuntivo che discende dagli illeciti (presunti?) di chi gli ha pubblicato i libri. Ma se nello spunto le dichiarazioni di Corona sono condivisibili, nella forma e nei corollari diventano inaccettabili e, in alcuni punti, perfino patetiche.
Intanto Corona butta nel calderone istanze e colleghi diversissimi tra loro. Appare incapace di distinguere il caso di Saviano (scrittore neofito in cerca di un editore per un libro all'apparenza di non facile pubblicazione), con quelli di Bocca (che entrò in Mondadori nel '91, quando il suo proprietario non era Presidente del Consiglio e ne uscì nel 2001, con la rielezione di Cesare), di Vito Mancuso (che abbandona l'azienda solo ora) e di Massimo D'Alema (che non sembra intenzionato a lasciare la casa editrice). Così come non appare in grado di distinguere l'abbandono di Bocca, scelto per motivi esclusivamente politici, da quello di Mancuso, giustificato con una ragione etica. Infine Corona sostiene che, pur di guadagnare, ogni scelta è lecita (Saviano, "avesse un po’ di cervello dovrebbe inginocchiarsi alla Mondadori che gli ha gonfiato il portafoglio").
L'ultima dichiarazione ha del raccapricciante e del disgustoso: è un inno alla prostituzione, alla vita prezzolata, al servilismo più squallido. Corona ci spiega che basta riempirgli un poco il conto in banca per comprare la sua persona, per farsi adorare come divinità da lui. Corona ci sta dicendo che davanti al denaro sonante, lui svenderebbe perfino la propria dignità. Buono a sapersi.
Andiamo alla parte più razionale dell'intervento, dove troviamo in un unico calderone Saviano, Bocca, Mancuso e D'Alema. Bocca è accusato di aver lasciato Mondadori troppo tardi, mentre in realtà se ne è uscito nel 2001, quando si è aperta la grande stagione berlusconiana, quando gli intellettuali di sinistra si mobilitarono con la società civile per svegliare una classe politica addormentata. Che io ricordi, quella fu la stagione più vivace per il popolo di centrosinistra che si ricordi, in un fermento di idee e di moti d'orgoglio, stagione a cui Bocca aderì, anche col suo abbandono di Mondadori (dimostrando, per una volta, tempismo).
Saviano era uno scrittore non ancora alla ribalta quando presentò a Mondadori il libro Gomorra, un'opera che di primo acchito poteva far rimanere perplesso un editore sulle sue possibilità di successo nel mercato nazionale: si descriveva una realtà sconosciuta alla maggior parte degli italiani, poco appetibile, apparentemente. Il successo fu del tutto imprevisto ed è ovvio che uno scrittore emergente si rivolga al primo editore che gli pubblichi il libro, non essendo abbastanza famoso per fare il prezioso.
Mancuso, infine, è il primo di questi quattro personaggi a meritare le critiche di chi, come Corona, denuncia ipocrisia. Mancuso sì, solo ora sembra aver scoperto che Berlusconi è quello che è, che si fa le leggi ad personam, che ha un suo modo tutto particolare di fare impresa. Eppure Mancuso non è uno scrittore alle prime armi, ma un ben noto teologo: avrebbe trovato difficoltà a trasferirsi da un altro editore?
Infine D'Alema e tutti gli altri esponenti della politica e dell'Intellighenzia di sinistra che lavorano per Mondadori. Loro meritano un discorso a sé, perché non hanno né le ragioni di Saviano, né hanno seguito l'esempio di Bocca. E, se Mancuso si è posto un (ipocrita?) problema, almeno a parole, loro hanno preferito, come al solito, voltarsi dall'altra parte e fare finta di nulla, continuando il loro rapporto simbiontico col Biscione. Loro, forse, hanno pensato quello che solo Corona ha avuto il coraggio di dire: finché c'è la paga, tutto va bene.
Ha ragione, però, Corona, quando afferma che forse non è agli autori che si deve richiedere il primo sforzo. Dovrebbero essere i lettori-acquirenti a scegliere meglio cosa comprare, che imprenditori premiare e quali punire per la loro condotta. E, sicuramente, ha ragione accusando politici ipocriti che ora gridano al boicottaggio, ma quando erano al governo hanno preferito non toccare lo spaventoso conflitto di interessi berlusconiano.
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